Riders “fantasma”: a Napoli sono 2mila ma solo uno su dieci ha contratto e tutele

Riders “fantasma”: a Napoli sono 2mila ma solo uno su dieci ha contratto e tutele
di Valerio Iuliano
Domenica 19 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo agg. 20 Giugno, 08:28
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La pizza a domicilio è un’abitudine sempre più consolidata, ma i diritti dei “ciclofattorini” contano solo per pochi. Il cibo consegnato a casa è diventato una consuetudine per tanti napoletani. La pandemia ha contribuito a determinare il boom del fenomeno. L’impossibilità ad uscire ha consentito a tutti di scoprire la comodità del delivery food. Il giro d’affari del settore è aumentato vertiginosamente negli ultimi due anni. Il fatturato globale in Italia ha raggiunto, secondo uno studio Coldiretti-Censis, il valore record di 1,5 miliardi nel 2021. A Napoli il giro d’affari, secondo le stime degli addetti ai lavori, si aggira intorno ai 150 milioni di euro contro gli 80 del 2020. Ma le condizioni dei lavoratori non sono cambiate, rispetto a qualche anno fa. 



Nella galassia dei ciclofattorini partenopei c’è una sola eccezione. I courier della piattaforma Just Eat hanno sottoscritto nella primavera dello scorso anno un contratto da lavoratore subordinato. Gli accordi prevedono l’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore trasporti. Ad un salario orario di partenza di 8,50 euro viene aggiunto il premio di risultato di 0,25 euro a consegna e l’accantonamento del Tfr, oltre alle eventuali maggiorazioni per il lavoro supplementare, straordinario, festivo e notturno. I courier - sinonimo di rider- a Napoli che hanno ottenuto il riconoscimento dei loro diritti sono 200. Il totale dei riders attivi sfiora invece le 2mila unità. «Tutti gli altri - spiega il rider Andrea Pratovecchi - continuano con il solito sistema del lavoro a cottimo.

Se arriva una chiamata, si lavora. Se non ci sono chiamate, non si guadagna nulla. Per arrivare a 800 euro al mese, è necessario lavorare almeno 12 ore al giorno tutti i giorni. Le multinazionali che pagano a cottimo ci comunicano il guadagno nel momento in cui ci danno la consegna. Il rider può accettare oppure no. Ma se non lo fa, c’è il rischio concreto di non avere chiamate nei giorni successivi. L’ho verificato in un’occasione in cui ho rifiutato una consegna per 2,80 euro per un tragitto di 8 km. Così funziona l’algoritmo che regola il nostro lavoro. La strategia delle multinazionali è quella di reclutare un enorme numero di riders, pagandoli poco». 

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Da un’indagine del nucleo tutela del lavoro dei Carabinieri del 2020, condotta attraverso le verifiche sui riders, è possibile ricavare dati utili per comprendere il fenomeno. Le tariffe variano in base alle piattaforme. La media delle paghe, secondo i calcoli dei carabinieri, è di 6 euro l’ora. In alcuni casi, il compenso può essere anche di 1,60 euro a chiamata, oltre 0,40 euro per chilometro percorso e 0,05 centesimi a minuto per l’attesa oltre i cinque minuti. Le paghe sono ancora agli stessi livelli. «Negli ultimi tempi - aggiunge Andrea - la situazione sta anche peggiorando. Il problema principale a Napoli è quello della sicurezza. Se un lavoratore è contrattualizzato, nel caso in cui venga investito da un’auto, sarà tutelato. Ma se si tratta di un lavoratore autonomo non ci sono tutele». In città gli episodi di violenza, di cui sono stati vittime i riders, sono frequenti. «La pandemia - riprende Andrea - ha rivelato le debolezze del sistema. Nei primi mesi, il lavoratore doveva procurarsi a proprie spese i dispositivi di protezione. Adesso quelli di Just Eat hanno i mezzi per lavorare. Il Covid ha evidenziato le differenze. Da un lato ci sono quelli che possono avere una vita serena, dall’altro i lavoratori senza diritti». La Regione Campania ha provato a disciplinare la materia. Il Consiglio regionale ha approvato a marzo scorso una proposta di legge su iniziativa della presidente della VI commissione Bruna Fiola. L’obiettivo è quello di fornire più tutele e diritti ai riders.
 

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