I “guerrieri” dei talk show finti pacifisti

di Vittorio Emanuele Parsi
Venerdì 20 Maggio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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Una strana logica si aggira per questo Paese, quella per cui la giustificata reazione di Finlandia e Svezia che, di fronte all’aggressione russa all’Ucraina, chiedono di aderire alla Nato, costituirebbe una “provocazione” nei confronti di Mosca, e alimenterebbe l’“escalation”. Proprio due giorni fa, un documentato articolo di Liberation - il giornale storico della sinistra libertaria francese - metteva in evidenza come nei talk show italiani i propagandisti russi fossero ospiti fissi. E quanto le tesi tanto care al Cremlino trovassero tanti megafoni nel dibattito televisivo del nostro Paese.

A forza di farglielo presente, molti di loro (non tutti, per la verità) devono riconoscere a denti stretti che “l’aggressore è la Russia e l’aggredito è l’Ucraina”, ma poi di fatto li mettono sullo stesso piano quando chiedono che si arrivi a una tregua immediata, considerando che Putin possa ora essere soddisfatto, dato che ha sigillato il Mar d’Azov e conquistato gran parte delle governatorati del Donbass e della Lugansk. Insomma: riconosciamo il fatto compiuto e concediamo pure a Putin per via negoziale ciò che non è riuscito a ottenere con la violenza della guerra che lui ha scatenato.

In un Paese afflitto da machismo cronico - non a caso così a lungo sensibile alla mitologia dell’“uomo che non deve chiedere mai” - è venuta una donna a impartire una lezione di determinazione e a spiegare che cosa sia la differenza tra la paura e la ricerca della sicurezza. La premier finlandese fa parte di un manipolo di donne coraggiose, composto dalla premier svedese e quella danese, con la presidente della Repubblica moldava, con la presidente della Commissione europea e con quella dell’Europarlamento.

Finlandia e Svezia hanno chiesto di aderire alla Nato non perché hanno “paura” della Russia. Ma perché vogliono innalzare il livello della sicurezza dei rispettivi Paesi, preoccupati - non impauriti - dagli atteggiamenti della Federazione russa. Perché “proprio ora?”, è la domanda falsamente ingenua che viene posta continuamente nei nostri talk show.

E la risposta è semplice: perché è ora, dopo la guerra scatenata da Putin in Ucraina, che ritengono che la loro sicurezza, quella dei loro popoli, non sia più sufficientemente garantita né dal diritto internazionale, né dai trattati, né dalla parola data: tutte cose violate senza alcuno scrupolo da Vladimir Putin.

Eppure, in questo Paese di cuor di leone, c’è chi vuole che la propria illusoria, autarchica ed egoisticamente gretta sicurezza possa essere perseguita a scapito degli altri: degli Ucraini - e che la smettano di combattere, che diamine! - così come dei Finlandesi e degli Svedesi. Nel nome della pace, per carità: anche se certi pacifisti, che non ricordano Madre Teresa o Gandhi neppure nel tratto fisico, sembrano molto poco credibili, mentre lo sono - eccome! - nei panni di amici del giaguaro (lo spirito di Longanesi è vivo e lotta insieme a noi). Ma magari un giorno ci diranno di essere vegani e pretenderanno di esserlo sempre stati, nonostante i tanto i voraci selfie con cui hanno riempito i social per anni.

Parlano di sicurezza collettiva estesa anche alla Russia, ma non sono neppure capaci di mostrare considerazione per la sicurezza comune delle democrazie, protette da quello scudo che la Nato ha rappresentato e rappresenta. Fingono di ignorare che lo sforzo per far sì che il sistema politico internazionale continui a essere un ambiente favorevole alla sopravvivenza “anche” delle democrazie - ovvero della “specie” di regime politico che non è la più diffusa al mondo, ma è la nostra specie - comporta dei costi. Non capirlo, non provare a spiegarlo, propria ora che vediamo quanto sia reversibile quella pace e quella democrazia che credevamo (sbagliando) fossero conquiste irreversibili in Europa, che nessuno poteva e voleva minacciare, significa fare una scelta: una scelta contro la pace, contro la democrazia, contro l’Europa. 

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