Più centri, unico antidoto ​alla ressa

di Marilicia Salvia
Venerdì 16 Aprile 2021, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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Sarà pure vero, come dice una nota dell’Asl Napoli 1, che i vaccinandi arrivano con troppo anticipo all’appuntamento fissato via sms, e così contribuiscono inevitabilmente al caos e soprattutto allungano i tempi d’attesa dei quali poi con identica solerzia si lamentano. Strano a dirsi, nella città meno puntuale del mondo, ma la prendiamo per buona anche perché i protagonisti di tale inopinato affollamento sono per lo più anziani e «fragili», ossia coloro che non godendo generalmente di totale autonomia devono sottostare ai comodi dei loro accompagnatori, figli nipoti o badanti automuniti che non è detto possano muoversi esattamente nell’orario indicato dalla burocrazia.

Sarà anche vero - lo è certamente - che tanti, troppi convocati contribuiscono in prima persona ad alimentare tensioni, con i documenti che non si sono portati dietro, l’allergia a firmare consensi informati, il rifiuto verso questo o quel vaccino, neanche fossero al supermercato a scegliere una scatoletta di tonno. Detto questo, facciamo molta fatica a considerare questi comportamenti - di molti, non di tutti - tanto grave da dover essere puniti come vengono puniti da alcuni giorni a questa parte alla Mostra d’Oltremare (prima non era così, tutti quelli che ne uscivano vaccinati e contenti dicevano che l’organizzazione era «svizzera» e che «non sembrava di essere a Napoli», come se a Napoli non si potesse, per maledizione biblica, organizzare le cose al modo svizzero).

Ma per tornare alla punizione: niente sedie, niente acqua, nessun riparo dal freddo. Solo code, voci che si alzano, capannelli che diventano assembramenti, rabbia e proteste appena contenute dalla stanchezza.

A dirla tutta, su questa cosa della punizione devono essersi passata voce, i dirigenti delle Asl campane, perché non è che oltre Napoli le cose vadano diversamente. Neanche a Castellammare, 65mila abitanti e un solo centro vaccinale, ci sono le sedie, tanto che i più anziani aspettano il loro turno dentro l’auto. Solo che stando lì rischiano di perderlo, il turno, perché dal parcheggio non si sente tanto bene l’urlo (sì, l’urlo) dell’addetto che chiama il vaccinando per nome quando finalmente gli tocca entrare. Anche qui, ressa e lentezza spaventose: chi è prenotato per le 18 non vede l’agognata puntura prima delle 22. Scene simili si registrano quotidianamente a Quarto, a Marigliano, a Nola. Scene che rimandano a un’altra epoca, a certe sequenze di film neorealisti, scene che pensavamo di non dover rivedere nel Terzo Millennio di internet, delle app e delle magnifiche sorti e progressive che ci riserva il 5G. In quelle code caotiche e nervose ci sono cittadini furbi - anzi sciacalli: ne sono stati denunciati anche ieri - cittadini maleducati e cittadini perbene ma sudditi, questi ultimi i più ordinati e obbedienti, certamente la maggioranza, ma tristemente sudditi perché dallo Stato in cui credono non ottengono in cambio granchè.

Soprattutto, non il rispetto.

È una prova difficile, questa della vaccinazione di massa. Lo sapevamo, lo sapevano e lo scontano ogni giorno dirigenti sanitari, medici, uomini della protezione civile e delle forze dell’ordine. La fatica è immensa e la buona volontà sicura, perciò eviteremo di infierire. Ma certi errori evidenti, marchiani, rischiano di compromettere l’intera operazione. Rischiano di scoraggiare l’affluenza, di far perdere di vista l’obiettivo, di minare in via definitiva la fiducia verso le istituzioni che, in eventi epocali come questo, è il vero fondamentale collante su cui contare. A questo appuntamento che altrove è stato e viene vissuto con diligenza, con solennità quasi, in Italia stiamo andando come incontro a una roulette russa, recalcitranti, spaventati da percentuali di rischio praticamente nulle e che invece ci siamo convinti siano elevate, concrete. In un modo o nell’altro pensiamo tutti di poterci sostituire ai medici, di sapere meglio di loro cosa è bene per noi, ingaggiando con il vaccinatore, una volta al box, bracci di ferro allucinanti. Ma non è nostra la colpa, non siamo stati noi cittadini a volere che la speranza si trasformasse in paura, l’informazione in psicosi. Non è normale che un manager - quello dell’Asl 2 Nord - debba rivolgere un appello pubblico ai propri assistiti over 60, quelli «obbligati» all’AstraZeneca, perchè dopo una settimana solo 12mila su 140mila si sono prenotati sulla piattaforma. 

Sta andando tutto alla rovescia, tutto esattamente come non dovrebbe. Ma almeno le basi, quelle, cominciamo a rinsaldarle. Non basta convocare le persone con un sms, occorre accoglierle, indirizzarle. Occorre separare all’arrivo, e non una volta ai box, i vaccinandi con le carte in regola dai furbetti intenzionati a scavalcare, a prevaricare. Con questi bisogna usare il pugno di ferro, d’altronde le forze dell’ordine stanno lì per questo. È necessario, urgente e indifferibile che i medici di famiglia, quelli che conoscono i pazienti uno per uno, che possono compilarne l’anamnesi a occhi chiusi, abbiano uno scatto di reni: più ancora che la materiale vaccinazione a loro va chiesto di fare da filtro, data la piega che ha preso la faccenda del rischio trombosi. Occorre soprattutto moltiplicare i punti vaccinali, portarli il più vicino possibile alle persone, diminuire la pressione: qualche Asl si sta organizzando, altre sono molto indietro e hanno l’obbligo di recuperare. E nel frattempo le sedie, rimettete al loro posto le sedie. 

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