Rodolfo Laganà sfida da sclerosi multipla: «La malattia mi irrita e ho pensato di non fare più l'attore. Ma ora voglio riderci su»

Rodolfo Laganà sfida da sclerosi multipla: «La malattia mi irrita e ho pensato di non fare più l'attore. Ma ora voglio riderci su»
di Ilaria Ravarino
Martedì 31 Maggio 2022, 07:01 - Ultimo agg. 1 Giugno, 09:09
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Si gode una sigaretta buttando il fumo fuori dalla finestra, nel cuore della Roma trasteverina. Sul comodino i libri sull'amico Gigi Proietti, alla parete locandine di teatro, foto del figlio, un bel disegno di Age Scarpelli. Al centro della stanza, il deambulatore che da dieci anni, da quando ha scoperto di soffrire di sclerosi multipla, lo aiuta a camminare. A 65 anni il romano Rodolfo Laganà - film con Vanzina, Parenti e Corbucci, quarant'anni di teatro - ha pubblicato ieri sul suo canale YouTube una canzone, Carrozzella romana, con cui denuncia, con ironia, le difficoltà di chi si muove in città con la sedia a rotelle.

Cosa la irrita di più?
«La mancanza di rispetto quando vedo i posti riservati ai disabili occupati dai Suv.

In questo momento Roma è il massimo del caos. Mi piange il cuore, è una città che mi ha sempre portato fortuna. Mai avuto paura, qua».

Neanche adesso?
«Paura mai. Imbarazzo molto. Prima di più, ora ho imparato a fregarmene. La malattia non è una colpa. Vivo quel che ho, e lo voglio fare serenamente».

Ci riesce?
«Non posso dire che non mi roda. Però sto avendo dei buoni risultati dalla fisioterapia, vado in clinica due volte a settimana. Nei prossimi giorni comincerò una nuova cura. Speriamo».

Un artista, anche su sedia a rotelle, è un privilegiato?
«Per niente. Ti senti gli occhi di tutti addosso. Il primo anno avevo l'ansia che la gente si accorgesse di qualcosa. Quando zoppicavo, dicevo che mi ero stirato un muscolo a calcetto. Se mi incontravano di nuovo, raccontavo che non era uno strappo e che mi ero rotto il menisco».

Per quanto tempo ha avuto il menisco rotto?
«Per tutto il primo anno. Il peggiore in assoluto. Poi ho scritto Nudo Proprietario, e ho confessato in scena di essere malato. Una liberazione. La prima uscita pubblica in carrozzella è stata al funerale di Proietti».

A Sanremo Antonella Ferrari ha parlato di Sla. Lo farebbe?
«No. La tv l'ho rifiutata: ti chiamano solo perché hai la malattia. Se mi invitano, io ci vado per parlare del mio mestiere. Che è quello di attore. È una questione di dignità. Sa da chi andrei? Da Valerio Lundini. Mi fa ridere, è folle».

Ha mai dubitato degli applausi della gente?
«All'inizio mi chiedevo: rideranno perché sono malato e mi vogliono bene, o perché gli piace? Ma lo capisci dal suono della risata, dal rumore dell'applauso, se l'apprezzamento è vero».

I suoi colleghi come hanno reagito?
«Sono rimasti con me. I musicisti Gegè Telesforo, Stefano Palatresi. La mia amica del cuore Paola Tiziana Cruciani. Giovanni Veronesi, che mi ha offerto un piccolo ruolo nel film che ha scritto per Pilar Fogliati, Donne du du du. E Rocco Papaleo: ha iniziato con me al teatro Tendastrisce».

Mai pensato di mollare?
«È stata la prima cosa che mi sono detto. Smetto di fare l'attore? Ma lo faccio da quarant'anni, è la mia vita. Mi hanno fatto andare avanti mio figlio, la famiglia, la mia ex moglie. E la fede, che ora vivo in senso più cristiano. Ma non sono praticante, a messa non ci vado mai. Anche perché dovrei fare le scale».

La politica?
«Trent'anni fa feci campagna per Rutelli e poi per Veltroni. Ora preferisco starne lontano. Per un attore è sbagliato: poi la paghi».

A chi pensa?
«Non posso dirlo».

Montesano?
«Ma no, per carità».

Dove la rivedremo?
«A febbraio riprendo Nudo proprietario, poi partirò con lo spettacolo nuovo. Si chiama Fermo restando. Uscirà insieme a un nuovo album con otto canzoni. E si riderà, perché la voglia di divertirmi col cavolo che mi è passata».

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