Delrio: «Conte dimostri di saper portare l'Italia fuori dalla crisi. Per il Mes ok a FI»

Delrio: «Conte dimostri di saper portare l'Italia fuori dalla crisi. Per il Mes ok a FI»
Delrio: «Conte dimostri di saper portare l'Italia fuori dalla crisi. Per il Mes ok a FI»
di Alberto Gentili
Domenica 5 Luglio 2020, 07:31 - Ultimo agg. 6 Luglio, 06:39
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Presidente Delrio, Conte e Zingaretti giovedì hanno siglato una tregua. Durerà?
«Non c'è mai stata guerra, combattiamo dalla stessa parte. Il problema è che adesso, dopo essere stati in trincea contro la terribile epidemia in cui gli italiani hanno dimostrato di essere ottimi soldati, bisogna conquistare il terreno della crescita e del lavoro. Da buoni alleati diciamo al premier di essere rapido nelle decisioni e di superare i ritardi: va presentato il piano nazionale per le riforme e il programma in Europa per dimostrare di meritare e di sapere usare i fondi che l'Italia otterrà solo grazie alla scelta europeista impressa dal Pd».

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Conte ha dichiarato: «Questo governo ha preso decisioni come mai nella storia repubblicana e che fa ridere chi lo definisce attendista». Lei è stato tra i più critici, dunque fa ridere anche Delrio?
«Il nostro segretario in primis e tutto il Pd dicono da tempo che ci sono troppi dossier aperti, fermi e da portare a conclusione. Non credo che ciò possa far ridere».
La causa dello stallo non sarà il fatto che Conte è condizionato dalle posizioni ideologiche dei 5Stelle? Non teme che questo governo sia inadeguato a gestire la valanga di miliardi che potrebbero arrivare dall'Europa?
«Ora dobbiamo concentrarci sulla crescita e avere grandi progetti. Il Pd ha presentato ad esempio in modo molto chiaro, ma ci sembra che non sia stato preso sufficientemente in considerazione, un programma per far diventare la sanità italiana la migliore al mondo con sanità territoriale, digitalizzazione, ricerca biomedica, reclutamento di personale medico ed infermieristico. Ebbene, è ora di metterlo tra le proposte da portare in Europa. Il problema non è dare giudizi sulle persone, ma quando il mare è in tempesta il timoniere deve avere le capacità per impedire che la nave vada a schiantarsi sugli scogli».
Conte ha queste capacità?
«Beh, Conte ha dimostrato di essere in grado di tenere insieme la coalizione in questa prima fase. Ora sta a lui dimostrare di essere in grado di portare il Paese fuori dalla crisi. Noi siamo pienamente collaborativi e non poniamo alcun problema a lui e alla sua squadra. L'importante è che qualcuno non pensi che la responsabilità delle risposte non date cada sul Parlamento, questa è del governo».
Ha fatto riferimento alla riforma sanitaria. Già sono pronti i 36 miliardi del Mes, ma a i 5Stelle continuano a dire di no. Se l'adesione al fondo passasse in Senato con i voti di Forza Italia, sarebbe crisi?
«La politica non si fa con i se, ma con i fatti. E i fatti sono che è stata attivata, grazie al lavoro del governo, una linea di credito senza condizionalità. Il baco è diventato farfalla. Ora aspettiamo di portare a casa il recovery fund e poi tireremo le somme. Chiediamo a Conte di essere molto chiaro e di dire che tutte le risorse a disposizione si potranno usare se sono convenienti. E il Mes, che ci fa risparmiare 5-6 miliardi in interesse, lo è. Il buonsenso dovrebbe aiutare...».
E anche il soccorso di Forza Italia. Orlando ha detto che il dialogo con i forzisti va coltivato con attenzione.
«L'Italia è in ginocchio, ha bisogno come nel Dopoguerra di uno spirito costituente. Ciò non significa confondere i ruoli, ma dare un contributo serio come sta facendo Forza Italia in questa fase. Chi adesso ha la presunzione di fare da solo è presuntuoso o irresponsabile».
Se Conte prendesse la guida del Movimento 5Stelle le cose sarebbero più semplici?
«Conte è ormai un politico a tutti gli effetti e sa benissimo da solo ciò che deve fare».
Una scissione dell'ala sovranista del M5S aiuterebbe?
«Dico solo che il Paese ha bisogno di chiarezza, dopo di che spero che questa chiarezza non porti a delle fratture».
Il premier ha annunciato l'ennesimo tavolo, questa volta sulla riforma fiscale. Cosa ne pensa?
«Penso che vadano messi nero su bianco i cronoprogrammi con tempi precisi di attuazione, coraggio e decisione. Ciò vale anche per il fisco per portare più giustizia fiscale e sociale, partendo dalla lotta all'evasione che sottrae al Paese più di 100 miliardi e dalla riduzione delle aliquote Irpef».
I dati Istat raccontano di un popolo senza speranza che non fa più figli...
«E' la ragione per la quale stiamo lavorando all'assegno unico per i figli che è una grande rivoluzione semplice: da 80 a 200 euro al mese per ogni figlio e riguarderà anche i lavoratori autonomi. Serve natalità: con meno di 400mila nascite all'anno il Paese è destinato al declino».
A proposito di semplicità, nel decreto semplificazioni stanno cercando di smantellare il suo codice degli appalti.
«Anch'io sono d'accordo nel ridurre i tempi della burocrazia, ma è un errore mettere il Codice sul banco degli imputati: l'Anac ha detto che ha fatto aumentare i lavori del 70% in 3 anni. Il Codice non è la malattia, ma la cura: cercare di sospendere progettazione e gare d'appalto significa sbagliare diagnosi e terapia. Le scorciatoie portano nel burrone e alla corruzione».
Cosa ne pensa del rimpasto per rafforzare il governo?
«E' il timoniere che valuta se il suo equipaggio va bene o se va rafforzato, non tocca a noi dare consigli. In più, non sono discussioni interessanti in un momento in cui il Paese è in ginocchio: la crisi in autunno sarà molto più grave di come si percepisce nei palazzi romani».
E non è curioso in questa fase mettersi a parlare di legge elettorale?
«No, è una questione democratica: se si riduce il numero dei parlamentari e si andasse a votare con l'attuale sistema elettorale, un partito potrebbe cambiare da solo la Costituzione. Va evitato che l'Italia diventi una democrazia illiberale e chiediamo agli alleati di non violare il patto firmato da tutti, perché violandolo crollerebbe tutto l'impianto».
Renzi ha già cominciato a demolirlo.
«Sono sicuro che tutti rispetteranno l'impegno preso perché sanno che mancare ai patti significa indebolire molto l'azione della coalizione».

 

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