Intercettazioni, un limite alla durata: «Stop dopo 45 giorni». In arrivo il freno agli ascolti

Intanto il governo bollina la riforma della magistratura

Intercettazioni
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di Francesco Bechis e Francesco Malfetano
Mercoledì 27 Marzo 2024, 00:02
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Una durata massima di un mese e mezzo per le intercettazioni. Ovvero addio alla possibilità per il gip di rinnovare di quindici giorni in quindici giorni la disposizione per arrivare sino al termine delle indagini o quasi, aggirando l’attuale vincolo. In attesa dell’annunciata rivoluzione a firma del Guardasigilli Carlo Nordio, è la Commissione Giustizia del Senato ad intervenire sugli ascolti. E lo fa con un emendamento a firma della relatrice della maggioranza Erika Stefani (Lega) su un provvedimento di Pierantonio Zanettin (Forza Italia) che mira a riscrivere parte dell’articolo 267 del codice di procedura penale istituendo, appunto, il vincolo a 45 giorni per le intercettazioni. 
Intanto il governo bollina la riforma della magistratura. Oltre alla stretta sui giudici fuori ruolo, il Cdm ieri ha approvato il “fascicolo dei magistrati”, le “pagelle” delle toghe previste dalla legge Cartabia. E il via libera è arrivato anche per i discussi test psicoattitudinali per gli aspiranti magistrati: scatteranno dal 2026 e a condurli sarà un team di professori universitari di psicologia selezionato dal Csm, ha annunciato ieri il Guardasigilli Carlo Nordio anticipando i dettagli della nuova prova: «Io stesso mi sono sottoposto ai test psicologico del Minnesota, che è quello che vorremmo introdurre qui».

Test psicologici per diventare magistrati, la misura per valutare l'equilibrio mentale. Sarà utilizzato il modello Minnesota

IL TESTO

Agenda piena, dunque, di un dossier che il centrodestra marca stretto e vuole cavalcare per le elezioni europee di giugno.

La nuova stretta sulle intercettazioni, si diceva, slitta solo di qualche giorno. Il testo sarebbe dovuto essere approvato ieri pomeriggio solo che, dopo una discussione imposta dal capogruppo dem in Commissione Alfredo Bazoli, si è deciso di rinviare alla prossima settimana per una «piccola» riformulazione. L’oggetto della contesa è rappresentato dalle eccezioni da includere all’interno del testo, esplicitando la possibilità di una deroga in caso di indagini relative al terrorismo. Al momento infatti si specifica che il vincolo a un mese e mezzo può essere superato solo in due occasioni. In primis qualora venga disposto nei casi in cui «l’assoluta indispensabilità delle operazioni» per un periodo di tempo più lungo «sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione» da parte del magistrato. In secondo luogo nei procedimenti relativi alla criminalità organizzata. «Una formulazione che, è vero, non contempla espressamente le organizzazioni terroristiche. Ma per noi quella del terrorismo è una motivazione già ricompresa nella dicitura “criminalità organizzata”» spiega Zanettin. Fatto sta che l’emendamento rinviato ieri sarà votato la prossima settimana per evitare fraintendimenti e tener fede proprio alle indicazioni del Guardasigilli che sottolineò come «Nessuno vuole toccare le intercettazioni per reati di mafia e terrorismo a anche per reati satelliti di questi fenomeni perniciosi».

VIA ALLA RIFORMA

Fin qui le intercettazioni, punto caldissimo del cronoprogramma della giustizia targato Meloni. Poi c’è la riforma delle toghe, altro tasto delicato. Ieri il semaforo verde del Csm. Che ha approvato fra l’altro l’introduzione dei test psicoattitudinali per gli aspiranti giudici, novità che vede sul piede di guerra tanto l’Anm che il Consiglio superiore della magistratura. In verità, dopo ventiquattro ore di ritocchi, il compromesso finale è più soft del previsto. Sarà il Csm a designare gli esperti che condurranno i test, scelti fra «docenti universitari titolari insegnamenti materie psicologiche». Ma il voto finale sull’esame spetterà alla Commissione composta di giudici che valuta anche lo scritto e l’orale. 

Insomma, «nessuna invasione di campo della magistratura», assicura l’ex pm Nordio provando a chetare le acque, «si tratta di persone che hanno in mano le vite degli altri, come i medici, nulla di male se possono correggersi». I test partiranno dai concorsi del 2026 e seguiranno il modello Minnesota già in uso per tanti concorsi della Pa: 567 domande a quiz, risposte a crocette. La prossima fermata? La separazione delle carriere tra giudici e pm cara a Forza Italia. Nordio detta già i tempi: «La riforma fa parte del programma, la faremo quanto prima, probabilmente entro la primavera». 

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