Il passo indietro di Christian Solinas in Sardegna? Non oggi, e se mai arriverà sarà in cambio di una ricompensa: la Basilicata, l’Abruzzo o almeno un nuovo mandato in Umbria. La lunga marcia del generale Roberto Vannacci verso le Europee e la pazza idea della Lega: candidarlo capolista in tutte e cinque le circoscrizioni. E poi, il nodo del terzo mandato per i governatori e dunque per Luca Zaia in Veneto: «Noi andiamo avanti».
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IL VERTICE
Due ore di conclave a via Bellerio, quartier generale leghista, servono al leader Matteo Salvini per strigliare le truppe e lanciare un messaggio in bottiglia alla premier Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia mentre resta alta la tensione sulle Regionali sarde: «È un atteggiamento incomprensibile per chi guida la coalizione». Riparte dal Consiglio federale radunato a Milano la resistenza del Carroccio all’irresistibile crescita elettorale di FdI che da qui alle Europee può creare più di qualche fibrillazione in maggioranza.
Regionali, nomine, dossier.
A via Bellerio Salvini non entra nei dettagli ma parla di metodo. La forzatura di FdI in Sardegna non è una mossa «da leader», è il senso del discorso del segretario. Che per l’occasione rievoca il Cavaliere: «Quando Berlusconi aveva il 30 per cento non faceva così. Chi ha l’onere e l’onore di guidare la coalizione deve gestire queste situazioni e accettare di rinunciare a qualcosa», le parole del «Capitano» riferite dai presenti.
IL GENERALE IN CAMPO
Altro piatto forte al centro del vertice: le elezioni Europee. Con il generale Vannacci «l’interlocuzione è in fase avanzata», aggiorna i suoi Salvini. Che ai più stretti nel partito ha confidato il piano: candidare il generale del “Mondo al contrario” non in una o due, ma in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali. Una parata del Parà dalle isole al Nord Est (dove «è pieno di caserme», spiegano i leghisti) per fare incetta di voti anche nel bacino del centrodestra. Sicché, con Salvini e Tajani già sfilatisi dalla corsa, con la premier in campo potrebbe prendere vita lo strano derby Meloni-Vannacci.
Del resto i governatori leghisti non hanno intenzione di prestarsi a una candidatura di facciata. Zaia ci avrebbe fatto un pensiero una volta sbloccata la legge per il terzo mandato. È un nodo spinoso che fa infuriare tanti amministratori leghisti intervenuti al Consiglio, con Salvini costretto a fare da paciere. Per ora l’accordo resta lontano: un’altra fumata nera.