L'apice arriva quando l'intervento volge al termine. Dopo una serie di contro repliche non particorlamente intense, almeno per gli standard settati da Giorgia Meloni il giorno prima alla Camera, la premier sventola un fax. È il resoconto con cui, spiega ai Cinquestelle inferociti tra i banchi del Senato, l'ex ministro degli Esteri pentastellato Luigi Di Maio aveva dato il via libera alla modifica del Mes. «Game. Set. Match» si lascia andare uno dei colonnelli meloniani a palazzo Madama. La mossa è un condensato dell'esperienza d'aula di Meloni che, complice la necessità di spostare l'attenzione dall'evidente scivolone colto su Mario Draghi nel tentativo di attaccare il Pd, sposta l'attenzione su una "vittima" d'opposizione più facilmente attaccabile.
Meloni su Draghi: «Nessun attacco». E sul patto di stabilità: «Veto? Non escludo nessuna scelta»
L'affondo
Bastone e carota.
Il colpo di scena
Un colpo di scena che Meloni, evidentemente compiaciuta, ha costruito leggendo il testo. «La signoria vostra è autorizzata a firmare l'accordo recante modifica del trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità. Firmato, Luigi Di Maio», dice Meloni accusando l'esecutivo pentastellato di aver avallato quell'assenso «il giorno dopo le dimissioni», quando il governo era in carica «solo per gli affari correnti», e «senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia». Il tutto, condito dal quasi scherno dell'utilizzare una frase iconica contiana: «con il favore delle tenebre».