«Ma chi ha mai pensato di diventare ministro, avete fatto tutto voi», ha detto sorridendo Licia Ronzulli ai giornalisti che la assediavano ieri sera al momento di lasciare Palazzo Madama. I totoministri a volte possono tendere alla scommessa, ma da quanto è filtrato in questi giorni sulle bagarre interne del centrodestra la senatrice di Forza Italia ha fatto qualcosa di più che “pensarci”.
Pare anzi che gran parte dello scontro si sia consumato sulla presenza del suo nome nella lista di ministri proposta da Silvio Berlusconi all’alleata Giorgia Meloni.
Capogruppo al Senato e i malumori interni
All’interno di Forza Italia l’influenza di Ronzulli sul fondatore viene vista ogni giorno con ostilità crescente in una porzione di eletti, soprattutto dopo che l’insistenza sul suo nome ha complicato non poco i discorsi sulla formazione del governo. Entrata alla Camera per la prima volta nel 2018, la sua ascesa nel partito comincia fin dal 2008, quando viene candidata per la prima volta alla Camera senza essere eletta. Da allora il suo sostegno incrollabile per Berlusconi la fa diventare una delle consigliere più fidate, presente a tutti gli incontri più delicati. Da quanto si apprende, la decisione di non votare per La Russa alla prima chiama del Senato sarebbe stata presa su sua spinta con l’intento di mandare un segnale agli alleati e alzare la posta sulle caselle ministeriali da affidare a FI. Il fallimento dovuto all'intervento di alcuni ignoti senatori d'opposizione, forse concordato con Meloni, dovrebbe ridimensionare le pretese anche in caso di probabile ricucitura. Il ruolo che si prospetta per l’ex infermiera e direttrice sanitaria è quella di capogruppo azzurro al Senato. Una posizione che la terrebbe lontana dal governo a guida Meloni, ma che le lascerebbe ampi spazi di manovra all’interno della maggioranza, e ancora di più nel suo partito, al momento di votare provvedimenti decisivi del nuovo esecutivo. A Palazzo Madama occupa il posto accanto al Cav, con cui ieri è stata vista confabulare più volte in maniera fitta. All’interno e all’esterno di FI temono che voglia impadronirsi del partito.
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La scalata interna al ruolo di coordinatrice
Lo scontro di correnti si può riassumere in una contrapposizione anche personale tra Ronzulli e Antonio Tajani. L’ex presidente del Parlamento Europeo e attuale numero due di FI è visto da Meloni come l’uomo di garanzia all’interno degli azzurri e la figura con cui condurre le trattive. Nel governo di «alto profilo», per cui la futura premier non ha ritenuto adatta Ronzulli, la casella di ministro degli Esteri per Tajani, considerato una figura rassicurante per gli alleati europei, sembra una delle poche certezze raggiunte finora. Non è difficile immaginare che ora torni anche a essere l’interlocutore privilegiato di FdI per la composizione della squadra di governo.
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Quello da cui l’ex europarlamentare dovrà guardarsi è l’assalto interno. Tramontata l’ipotesi di avere un dicastero, vista la sua influenza su Berlusconi e l’amicizia con la compagna di lui, Marta Fascina, Ronzulli starebbe ora puntando a rimpiazzare il collega come coordinatrice nazionale: una mossa che le consegnerebbe definitivamente le chiavi del partito, che rischierebbe però di spaccarsi su questa scelta, con FdI pronto ad accogliere eventuali fuoriusciti. Per questo la prospettiva che il Cav avalli il passaggio di consegne in un prossimo futuro sono molto scarse, ma in questo imprevedibile inizio di legislatura gli equilibri di partito e di coalizione sono in continuo movimento e nessuna scelta si può mai considerare del tutto fuori discussione.
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