Statali, Zangrillo: «L'anzianità non basta, il merito è irrinunciabile. Promozioni senza laurea? Non riguardano aree ad alta qualificazione»

Il ministro: «Assunte nel pubblico 104 mila persone. Boom di domande con i concorsi digitali»

Statali, Zangrillo: «L'anzianità non basta, il merito è irrinunciabile. Promozioni senza laurea non riguardano aree ad alta qualificazione»
Statali, Zangrillo: «L'anzianità non basta, il merito è irrinunciabile. Promozioni senza laurea non riguardano aree ad alta qualificazione»
di Umberto Mancini e Francesco Bisozzi
Lunedì 28 Agosto 2023, 21:49 - Ultimo agg. 29 Agosto, 08:59
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«Il merito resta un valore irrinunciabile, non basta solo l’anzianità». Va subito al punto il ministro della Funzione pubblica, Paolo Zangrillo. Nel mirino c’è la norma sulle promozioni nella Pubblica amministrazione, valida solo per quest’anno e il prossimo, che consentirà a un assistente di diventare funzionario anche se non è in possesso della laurea, a patto che abbia alle spalle almeno 10 anni di servizio. «Da questa disposizione sono escluse le aree di elevata qualificazione, quelle dove vogliamo attirare i giovani talenti», aggiunge il numero uno di Palazzo Vidoni. 

Ministro, il cavillo che apre alle progressioni verticali per gli statali in deroga al titolo di studio fino al 2025 sta facendo discutere. Cosa risponde? 
«Mi lasci sottolineare, prima di tutto, che non stiamo parlando di promozioni automatiche, ma di procedure selettive. Si tratta dell’applicazione di una norma di legge introdotta nel 2021, durante il governo Draghi, che, dopo un decennio di blocco delle assunzioni che ha reso impossibile qualsiasi progressione di carriera, ha permesso ai Contratti collettivi nazionali di lavoro di regolamentare, in maniera transitoria e soltanto fino al 31 dicembre 2024, le cosiddette progressioni verticali».

Ma in questo modo non si corre il rischio di allontanare dalla Pa i giovani talenti?
«Non credo, in primo luogo perché da questa disposizione sono escluse le aree di elevata qualificazione, che sono proprio quelle in cui intendiamo attrarre i giovani con elevate competenze.

Detto questo, le amministrazioni devono considerare criteri come l’esperienza lavorativa maturata e le skills professionali, ma anche il titolo di studio, con pesi relativi di questi criteri che vengono definiti dagli stessi enti. Il merito resta quindi un valore irrinunciabile. E poi mi faccia aggiungere che l’anzianità di servizio molto spesso si traduce in esperienza, che vuol dire saper fare». 

Il bando del Mef per 597 posti da funzionario parla chiaro: ai fine del punteggio un anno di anzianità vale più di un master. Non dovrebbe essere il contrario? 
«Non dobbiamo dimenticare che molti dipendenti attuali hanno subito un blocco contrattuale di oltre dieci anni, rendendo impossibile qualsiasi progressione di carriera. Inoltre, lo ribadisco, non si tratta semplicemente di anzianità, ma di valutare l’esperienza professionale maturata, che è un criterio comune tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Infine, lo 0,55% del monte salari è destinato a finanziare queste progressioni, lasciando intatte le procedure di assunzione ordinarie, regolate dalle norme sul turnover». 

Cosa avete fatto finora per valorizzare merito e competenze nella Pa? 
«Merito vuol dire, me lo faccia ricordare, occuparsi del benessere delle persone e consentire loro di esprimere al meglio talenti e virtù, per soddisfare le esigenze di cittadini e imprese, i nostri utenti. Questo non può prescindere dalla definizione di strumenti e indici, concepiti non in termini punitivi ma puramente ricognitivi, volti a comprendere meglio l’andamento delle attività. Per questo motivo, nell’atto di indirizzo per i dirigenti delle funzioni centrali ho voluto mettere l’accento proprio sul tema del merito attraverso l’incentivazione della performance organizzativa e individuale». 

Ci spieghi meglio. 
«I 3,2 milioni di donne e uomini della Pa devono poter realizzare il proprio lavoro raggiungendo obiettivi e devono potersi confrontare con dirigenti orientati al benessere organizzativo e alla loro crescita, che passa anche dal continuo aggiornamento delle competenze. Ho quindi emanato una direttiva che prevede almeno tre giorni di formazione per ciascun dipendente, triplicando la media attuale, e che la lega allo sviluppo della carriera. Allo stesso tempo, abbiamo aggiornato e potenziato la piattaforma Syllabus, il portale della formazione per tutti coloro che lavorano nella Pa, sia dal punto di vista della release che dei contenuti».

A che punto è invece il piano di assunzioni nella Pa? 
«A giugno di quest’anno abbiamo già consuntivato 104mila assunzioni delle 173mila che rappresentano l’obiettivo del 2023. Stiamo rinforzando le amministrazioni centrali, con un occhio di riguardo anche a tutto il comparto sicurezza, e al tempo stesso abbiamo varato diverse misure intese a rinforzare la capacità amministrativa degli enti territoriali. Questo soprattutto nella logica di garantire competenze adeguate per la realizzazione degli interventi legati al Pnrr. Penso ad esempio ai trenta milioni di euro l’anno, di qui al 2026, stanziati a favore dei Comuni con meno di 5 mila abitanti per assunzioni di professionisti a tempo determinato, con qualifica non dirigenziale, e per far fronte alla carenza dei segretari comunali». 

I concorsi saranno più light e digitali grazie alla sua riforma. È soddisfatto?
«Le procedure di accesso costituiscono, come in ogni organizzazione, il biglietto da visita per chi intende candidarsi a far parte della Pubblica amministrazione. Avere digitalizzato questi percorsi con l’obiettivo di renderli rapidi ed efficaci è un passaggio obbligato se vogliamo essere attrattivi soprattutto verso le nuove generazioni. E a proposito di concorsi, mi lasci aggiungere che in queste settimane ho letto su diversi quotidiani delle ricostruzioni fantasiose su come stanno funzionando. Non è affatto vero che le persone disdegnano l’opportunità di parteciparvi». 

Cosa glielo fa dire? 
«Le faccio i due esempi più recenti. Le domande per il concorso da trecento posti nell’area funzionari del ministero degli Esteri sono state quasi 30mila, il numero più alto di sempre. Quelle per il concorso da 4.500 posti all’Agenzia delle Entrate, che si è chiuso proprio ieri, sono state circa 170 mila e il 34% proviene da under 30». 

Si troveranno i fondi per i rinnovi degli statali? 
«La manovra di bilancio per l’anno a venire sarà senza dubbio un esercizio complicato. La crisi che ancora attanaglia l’Europa ci costringe a ribadire il sostegno a famiglie e imprese, con particolare attenzione alle fasce più deboli. La coperta è corta e dovremo quindi essere virtuosi nel condividere le priorità d’intervento. Dobbiamo garantire continuità ai provvedimenti già avviati nei mesi scorsi, in modo particolare con riferimento al taglio del cuneo fiscale. Per quanto riguarda i contratti del pubblico impiego, abbiamo prodotto un’accelerazione straordinaria nella chiusura della tornata contrattuale 2019-2021, che ha ancora una coda per dirigenti medici e delle funzioni locali». 

Ma è fiducioso?
«Ho incontrato prima della pausa estiva il ministro dell’Economia rappresentandogli la necessità di dare avvio al percorso di rinnovo per il triennio 2022-2024. Ho riscontrato un interlocutore sensibile e, insieme, stiamo lavorando per trovare le risposte adeguate, tenendo in considerazione gli indispensabili equilibri nei conti dello Stato».
 

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