Kira e gli altri, 200 bimbi in attesa dell'adozione ostaggi di Lukashenko

Kira e gli altri, 200 bimbi in attesa dell'adozione ostaggi di Lukashenko
di Giuliana Covella
Venerdì 24 Dicembre 2021, 09:00 - Ultimo agg. 22:30
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«Voglio tornare a riabbracciare voi, Mya e i miei amichetti italiani». La sua voce (e il suo volto) mamma e papà napoletani sono costretti a sentirla (e a vederlo) attraverso una videochiamata con un freddo telefono cellulare una sola volta a settimana. Questo è il calvario di Antonio Bocchetti, impiegato di 53 anni di Napoli e di sua moglie Elvira, genitori adottivi a metà. L'altra metà, in realtà, è Kira, una bimba bielorussa di 10 anni, tenuta in ostaggio in un orfanotrofio nel suo Paese d'origine, dove sogna di poter vivere in Italia insieme a loro e alla cucciola di Labrador che l'attende nella sua casa partenopea. Genitori a metà, è il caso di dire, perché la coppia è una delle circa 200 famiglie italiane che vivono il dramma delle adozioni bloccate in Bielorussia. Un'odissea vissuta, tra i tanti, da una cinquantina di nuclei familiari napoletani, che ancora sperano di avere tra le braccia quei figli a cui vorrebbero donare amore e una vita migliore, lontana da quanto sta accadendo da anni nella repubblica ex sovietica.

Il dramma è quello di quasi 200 minori bielorussi, che i genitori italiani attendono da mesi di far trasferire nelle loro case. Lo scorso ottobre centinaia di famiglie e associazioni da tutta Italia avevano fatto sentire la loro voce, inscenando un sit-in davanti alla Farnesina a Roma. Tutti, operatori e genitori, pronti a raccontare il dramma di minori in attesa di essere adottati ma finiti loro malgrado ad essere pedine della politica internazionale.

Una storia che inizia da lontano, quella dell'accoglienza dei bambini bielorussi e ucraini nel nostro Paese: nel 1994 dopo il disastro di Chernobyl, per allontanarli dalle zone contaminate da elementi radioattivi. Fino a quando nel 2017 Bielorussia e Italia firmano un protocollo che disciplina le adozioni e prevede che i minori abbiano compiuto 7 anni e siano stati già accolti in Italia almeno tre volte, durante le vacanze estive o natalizie. Nel caso in cui la famiglia decida di intraprendere l'iter burocratico, dovranno poi trascorrere 14 mesi per ottenere il decreto di idoneità. E infine aspettare il successivo mese di luglio per essere inseriti in una lista annuale, che a ottobre arriva in Bielorussia per le fasi successive.

Un meccanismo in cui è facile rimanere ingarbugliati, specie se di mezzo c'è una crisi di migranti provenienti dal Medio Oriente che al confine tra Bielorussia, Polonia, Lituania e Lettonia provano ad entrare in Europa e un regime dittatoriale che ha bloccato definitivamente le adozioni internazionali. Stiamo parlando di Alexander Lukashenko, che governa in modo autoritario dal 1994 dopo aver accentrato su di sé ogni potere e che grazie all'aiuto russo ha azzerato ogni opposizione e nel 2015 è stato eletto presidente per la quinta volta.
Un incubo che è anche quello dei tanti papà e delle tante mamme di Napoli e della Campania, come Antonio ed Elvira Bocchetti. «A causa del Covid queste procedure si sono complicate ulteriormente - spiega Antonio - e dietro tutto ciò c'è la sofferenza di centinaia di famiglie che, complici i rapporti tesi tra Unione Europea e Bielorussia, si sono viste pregiudicare l'iter adottivo». Ma da dove nasce la difficoltà? Nell'agosto 2020 le elezioni politiche nel Paese dell'est Europa hanno portato alla riconferma di Lukashenko come presidente, ma poiché sono corse voci di brogli e illegalità la comunità europea non ha ritenuto valida la nomina. A fine maggio la situazione si è inasprita per via delle sanzioni Ue, che hanno comportato il blocco totale dei voli da e per la Bielorussia. Si sono così incrinati i rapporti con il governo bielorusso e le procedure di adozione hanno subito una nuova battuta d'arresto. «Siamo distrutti - spiega Bocchetti - dopo essere riusciti ad accogliere la bimba a Napoli quattro volte, ora a stento la vediamo attraverso videochiamate una volta a settimana perché i minori fino a 11 anni non possono avere un cellulare ed è super controllata dagli istitutori dell'orfanotrofio». 

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Kira era arrivata nel capoluogo campano nel 2018: «cominciammo il percorso di accoglienza ospitandola in una prima fase durante le feste di Natale e Pasqua, oltre che in estate. Poi il percorso si è evoluto in adozione con un decreto del giudice. Ma nel 2020 la nostra lista è stata bloccata dal Covid e successivamente dal presidente bielorusso, che non ha voluto accettare la lettera di garanzia firmata dal nostro ministro della famiglia, Bonetti anziché dal premier Draghi». Da allora Antonio ed Elvira insieme ad un'altra cinquantina di famiglie napoletane sono entrati in un limbo. «Ci siamo riuniti in un comitato e abbiamo scritto sia al presidente della Repubblica Mattarella che al presidente del Consiglio. Non siamo sfiduciati, perché continueremo la battaglia, ma non abbiamo i mezzi e confidiamo nelle massime cariche dello Stato per far sentire il nostro grido di dolore». Soprattutto «perché si riesca a scalfire il muro dei rapporti della politica internazionale - conclude papà Antonio - affinché i nostri bambini non subiscano questa ulteriore guerra ai loro danni». Infine l'appello, accorato, ai capi di Stato: «Kira ci aspetta, chiede di me e sua madre ogni giorno e non vede l'ora di rivedere anche la nostra cagnolina Mya. Aiutateci a ricongiungerci». 

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