Alex Zanardi, il camionista: «Sembrava un pallone, la sua immagine mi tormenta. Non ce la faccio a dimenticare»

Alex Zanardi, il camionista: «Sembrava un pallone, la sua immagine mi tormenta. Non ce la faccio a dimenticare»
Alex Zanardi, il camionista: «Sembrava un pallone, la sua immagine mi tormenta. Non ce la faccio a dimenticare»
di Simone Pierini
Domenica 21 Giugno 2020, 20:52 - Ultimo agg. 21:16
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Alex Zanardi è appeso alla speranza che la sua forza lo tiri nuovamente fuori da una situazione drammatica. Nel frattempo proseguono le ricostruizioni della dinamica dell'incidente di venerdì a Pienza con la sua handbike. Lo schianto terribile contro un camion. Proprio il camionista che guidava il mezzo, indagato per «atto dovuto», sembra sia esente da colpe. Ha parlato in un'intervista a Sportmediaset dove si dice «distrutto» per l'accaduto perché «quell'immagine mi tormenta, non ce la faccio a dimentica»
 

 

«L'ho visto dallo specchietto - racconta commosso l'uomo a Ronny Mengo nell'intervista - Cosa ho visto? Sembrava un pallone, un pallone che rimbalzava addosso e che schizzava da un'altra parte. Ho sempre questa immagine che mi tormenta e non ce la faccio, non ce la faccio a dimenticare perché mi dispiace». 

Un dolore che non riesce ancora a metabolizzare. «Mi sta distruggendo, mi sta distruggendo - aggiunge il camionista - E spero di superarla per il lavoro, per la mia famiglia, per i bambini che hanno accusato, perché non si rendono conto magari, o se se ne rendono conto fanno finta di niente».
 
 

«Io sono sceso - ripercorrendo i minuti successivi all'impatto - però c'era già tanta gente che era lì intorno. Era inutile che andassi io a non fare niente, ero lì, la gente urlava. Non sapendo chi fosse, non sapendo chi fosse la donna, ho sentito le urla e mi sono spaventato, non sapevo più quello che fare. Mi spiace per la famiglia - conclude - per la moglie, per il figlio, anche se sembra che non sia colpa mia, perà c'ero io lì e non riesco a farmene una ragione o a dire "non è colpa mia", ma è venuto addosso a me».

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