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Bimbo morto investito a 18 mesi, l’omertà dei parenti: «È caduto da solo»

Portogruaro, il piccolo travolto e trascinato da un’auto in retromarcia. Per i familiari è scivolato dal cofano. Ma il sospetto è che guidasse uno di loro

di Nicola Munaro
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 13 Settembre 2023, 00:21 - Ultimo agg. : 14:04
4 Minuti di Lettura

PORTOGRUARO (VENEZIA) - È avvolta nel mistero la morte di un bambino di appena 18 mesi avvenuta nell’ospedale di Portogruaro. Aveva devastanti ferite alla testa, cosa le abbia procurate non è chiaro. La dinamica dell’incidente, a 24 ore di distanza, resta ancora avvolta nel mistero. Non l’hanno chiarita i familiari.

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Lo dovranno fare i carabinieri e la Procura di Venezia. Per ora c’è una Fiat Punto grigia sotto sequestro e c’è una versione della famiglia: Bilal Kurtesi, un anno e mezzo, è caduto dal cofano di quell’auto e ha sbattuto la testa. Una botta così forte da rendere inutile sia la corsa dei nonni all’ospedale di Portogruaro, sia l’ora di tentativi di rianimazione da parte dei medici, perché alle 18.45 di lunedì Bilal, etnia rom, nato in Serbia ma residente a Portogruaro, è morto. Ma quella versione, unica, ripetuta all’infinito dalla famiglia non convince nessuno. L’ipotesi sulla quale si stanno concentrando le indagini è che Bilal sia stato investito dalla Punto grigia in manovra, guidata da un parente, che l’ha trascinato per almeno un metro. E le tracce di sangue davanti al civico 76 di via Loredan - nella frazione portogruarese di Mazzolada, dove Bilal viveva con la sua famiglia allargata, fatta di zii e cugini - sarebbero lì a testimoniarlo.


L’INCHIESTA
Nel fascicolo d’indagine, aperto con l’accusa di omicidio colposo contro ignoti, ci sono due tesi che non combaciano in nulla. «Mia figlia di 13 anni - ha sottolineato lo zio Herda Kurtesi - ha messo Bilal sul cofano della macchina e lui probabilmente è scivolato con la schiena in giù e ha sbattuto la testa contro l’asfalto». Ed è la stessa litania raccontata a chiunque chieda o abbia chiesto conto alla famiglia Kurtesi di cosa sia accaduto nel tardo pomeriggio di lunedì. L’unica certezza è che il padre Senat e la madre non erano alla guida dell’auto: lui era al lavoro, lei in casa. Chi fosse al volante è il nodo principale che procura e carabinieri devono sciogliere. Lunedì sera i militari sono andati in via Loredan 76 e hanno sequestrato la Punto grigia e i cellulari di tutta la famiglia, come confermato ieri dal papà di Bilal che per salutarlo ha postato una serie di storie sui social: «Riposa in pace figlio mio, mancherai tantissimo». Anche dall’analisi dei telefonini potrebbero arrivare risposte, così come dalle parole dei testimoni, sentiti in queste ore in caserma. 


LA DINAMICA
Secondo le prime ricostruzioni, lunedì pomeriggio, attorno alle 17.15, Bilal e gli altri bambini che vivono nella casa verde di via Loredan, stavano giocando in strada. Parcheggiati dall’altro lato del nastro d’asfalto, una serie di camion usati dalla famiglia Kurtesi per la raccolta del ferro vecchio e alcune auto. Sulla Punto grigia sarebbe salito un ragazzo giovane, un parente che però non vive in quell’abitazione e forse era in visita. Sarebbe stato lui, facendo retromarcia, a colpire il piccolo, investirlo e trascinarlo sull’asfalto per poco meno di un metro, prima che le urla dei bambini e di chi era in cortile lo fermassero. Erano stati poi i nonni a caricare il bambino di 18 mesi in macchina e portarlo in ospedale dove i medici avevano tentato il tutto per tutto, senza riuscire a salvarlo. Arrivati a casa Kurtesi gli inquirenti hanno evidenziato le tracce di sangue rimaste sull’asfalto: misurazioni che a questo punto saranno fondamentali per capire il punto d’impatto tra l’auto e il piccolo Bilal. 
Gran parte dei dubbi poi li risolverà l’autopsia che la pm di Pordenone, Maria Grazia Zaina, ha affidato al medico legale Antonello Cirnelli. L’esame esterno e la tac sul corpo del bambino hanno però già dato alcune indicazioni, togliendo terra sotto i piedi al racconto dei parenti. Bilal sarebbe morto per un investimento: il corpo presentava segni di schiacciamento della testa e altri ematomi compatibili con l’incidente. A confermarlo sarebbe anche la prima chiamata al 118 dove la versione dei fatti non era mediata dalla volontà di coprire la realtà.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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