Dramma a Spinea: «Ho ucciso la suocera
e tentato di soffocare mia figlia disabile»

(archivio)
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di Gianluca Amadori e Monica Andolfatto
Giovedì 12 Gennaio 2012, 10:11 - Ultimo agg. 16 Gennaio, 11:41
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VENEZIA - L’intervento dei carabinieri per quello che sembra un banale litigio familiare delinea invece i contorni di un orrore domestico maturato sullo sfondo di un grave disagio mentale. Dall’alba di ieri, Massimiliana Cherubin, 58 anni, veneziana di Spinea è sottoposta a fermo per il reato di tentato omicidio della figlia trentenne e per l’omicidio della suocera. A confessare l’assassinio, che sarebbe avvenuto lo scorso 16 luglio, è stata la stessa donna.



La verità è emersa al termine di un interrogatorio protrattosi per l’intera notte prima nella stazione dell’Arma di Spinea, poi in quella di via Miranese a Mestre, alla presenza del pubblico ministero di turno Lucia D’Alessandro, dell’avvocato di fiducia dell’accusata, Luciano Faraon, e di personale medico di supporto.



Una deposizione straziante durante la quale la cinquantottenne, visibilmente provata (da quanto è emerso avrebbe cercato di togliersi la vita il giorno dell’Epifania), ha ammesso fra le lacrime di essere arrivata a uccidere l’anziana suocera, esasperata da una situazione che non era più in grado di gestire, oppressa dal peso della cura e dell’assistenza non solo della novantaduenne ma anche della figlia disabile psichica.



«L’ho soffocata riempiendole la bocca con dei sacchetti di plastica» avrebbe dichiarato, indicando circostanze ed elementi tali da rendere credibile la ricostruzione e indurre il pm a emettere la misura cautelare, disponendo la riesumazione della salma per l’esame autoptico. «Una tragedia che si sarebbe potuta evitare se ci fosse stata più collaborazione fra i soggetti coinvolti - si limita a commentare il difensore della signora - e se mi avessero ascoltato quando avevo richiesto maggiore attenzione al caso soprattutto alla luce del precedente che ha visto coinvolta la mia assistita nel 2007 e per il quale avevo chiesto anche un incidente probatorio».



Il legale si riferisce a un episodio che, alla luce degli atroci sviluppi attuali, adesso viene letto come la spia di un pericoloso malessere psichico che doveva e forse poteva essere intercettato. In quell’occasione il black-out della ragione non ha portato alle estreme conseguenze grazie al provvidenziale rientro a casa, in via Costa, del marito, una guardia giurata, il quale si è trovato di fronte a una scena scioccante: la moglie, che fino a quel momento non aveva mostrato alcun segno premonitore, aveva rinchiuso la figlia in un ripostiglio dello scantinato, immobilizzandola con la catena utilizzata per legare il cane, imbavagliandola e terrorizzandola con un lungo coltello.



Da quel giorno, la madre dolce, premurosa, attenta, ha cominciato ad andarsene per sempre. Denunciata a piede libero per sequestro di persona e minacce aggravate, era stata quindi presa in carico dal Centro di Igiene mentale di Mirano. Nessuno, tuttavia, avrebbe potuto immaginare un epilogo tanto terribile. Una verità così atroce che parrebbe aver portato più volte Massimiliana Cherubin ad atti lesionistici contro se stessa. Ma anche contro la figlia. L’ultimo, una decina di giorni fa, quando, come ha dichiarato ai Carabinieri, avrebbe tentato di soffocarla, desistendo grazie a un barlume di consapevolezza.



Il suo drammatico racconto dovrà essere verificato dagli inquirenti: nel frattempo, questa mattina, si svolgerà l’interrogatorio di convalida davanti al giudice delle indagini preliminari Roberta Marchiori.
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