Brescia, imprenditore sparito: ritrovato morto il testimone chiave

Brescia, imprenditore sparito: ritrovato morto il testimone chiave
di Renato Pezzini
Lunedì 19 Ottobre 2015, 03:45 - Ultimo agg. 20 Ottobre, 08:22
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Vicino a un torrente, fra i boschi, in un posto dove neanche i sentieri arrivano. Il cadavere di Giuseppe Ghirardini era lì, fra le montagne del Tonale, a più di un'ora di cammino dal luogo in cui giovedì sera era stata trovata la sua auto. L'operaio se n'era andato dalla sua casa di Marcheno mercoledì, lo stesso giorno in cui sarebbe dovuto andare dai carabinieri che volevano interrogarlo in relazione alla scomparsa di Mario Bozzoli, titolare di una fonderia svanito nel nulla ormai da undici giorni. Ghirardini era stato l'ultimo a vedere vivo il proprio datore di lavoro, la sua testimonianza veniva considerata essenziale.



IN ATTESA DEGLI ESAMI

Ci hanno detto che probabilmente è morto per un malore» dice il sindaco di Marcheno, Diego Bertussi. Dichiarazioni un po' avventate poiché nessuno, al momento, sa dare risposte sulle cause della morte dell'operaio. Il corpo è stato trovato nel primo pomeriggio, e all'imbrunire si stavano ancora aspettando i carabinieri del reparto scientifico incaricati degli esami sul cadavere. Apparentemente non hanno trovato segni di violenza,: «Ma ne sapremo di più solo quando sarà fatta l'autopsia». Se la fine di Ghirardini fosse dovuta a cause naturali, il mistero della Valtrompia diverrebbe ancora più inestricabile.



L'operaio e il suo «padrone», oltre a essere coetanei (50 anni), erano in buoni rapporti. La Fonderia Bozzoli è una piccola azienda dai bilanci solidi, quindici dipendenti che si chiamano tutti per nome. E il titolare stava in mezzo a loro ogni giorno, con la tuta da lavoro e le mani indurite dai calli. Giovedì si erano salutati poco prima di cena: Bozzoli voleva andare a casa, Ghirardini impegnato con altri due colleghi per il turno di notte. Ma l'imprenditore a casa non è mai tornato e, secondo la convinzione dei carabinieri, non è mai uscito dal recinto della fonderia.



DOVEVA ANDARE IN CASERMA

Ghirardini, dunque, poteva essere il testimone più prezioso. L'avevano interrogato nei giorni successivi alla scomparsa del datore di lavoro, ma in modo sommario. Avevano deciso di riconvocarlo per mercoledì profittando del fatto che la fonderia era stata chiusa il giorno prima su ordine del magistrato in modo da consentire ai Ris di scandagliare ogni anfratto della fabbrica in cerca di indizi. Alla sorella l'operaio non aveva parlato della nuova convocazione. Anzi: «Domani vado a caccia con gli amici» le aveva detto la sera prima. Poi di buon mattino se n'era andato, lasciando però i fucili nella rastrelliera e i cani nel recinto.

La temporanea scomparsa di Ghirardini era stata inevitabilmente messa in relazione con quella di Bozzoli. C'è chi aveva pensato a una fuga motivata dal timore di finire sotto accusa, chi aveva ipotizzato il suicidio, magari perché a conoscenza di qualcosa di indicibile o, addirittura, perché oppresso dai sensi di colpa per un coinvolgimento diretto nella scomparsa del «capo». Poi però giovedì sera la sua auto era stata ritrovata, e l'ipotesi della fuga è svanita. Ieri è stato trovato il suo cadavere «senza apparenti segni di violenza», e anche la pista del suicidio ora vacilla.



LA SERA DELL'8 OTTOBRE

Resta ida capire perché Ghirardini mercoledì era andato via da Marcheno senza spiegazioni per raggiungere, dopo un percorso tortuoso, un posto lontano dove none ra mai andato e che non conosceva. «La verità è in quella fabbrica» dice l'avvocato della famiglia Bozzoli nella convinzione che la scomparsa dell'imprenditore e la morte dell'operaio siano comunque strettamente connesse, e che per sciogliere i fili dell'intreccio bisogna necessariamente capire quanto è accaduto, l'8 ottobre, a Marcheno nella Fonderia dove i due si vedevano ogni giorno e si erano visti anche quella sera.