Imprese a rischio mafia, è boom di interdittive

Carabinieri in azione
Carabinieri in azione
di Gigi Di Fiore
Domenica 14 Gennaio 2024, 09:42 - Ultimo agg. 15 Gennaio, 07:07
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Le ultime sono state firmate dal prefetto di Napoli Michele Di Bari appena giovedì scorso: cinque interdizioni antimafia notificate a imprese con sedi a Casoria, Sant'Antimo, Caivano e Frattamaggiore, che lavorano nei settori dell'edilizia, del commercio e dell'intrattenimento. Numeri che si aggiungono a quelli da record che il ministero dell'Interno sta per inserire nella Banca dati nazionale, anticipati due giorni fa dal «Sole 24 ore».

Tra le 2007 interdittive antimafia nazionali notificate nello scorso anno alle aziende da tutte le Prefetture italiane, la Campania è la regione con il maggior numero: 490, suddivise tra 279 comunicazioni e 211 informazioni. Sono dati-spia sui sospetti di inquinamento nel sistema degli appalti e dei contratti tra aziende e pubblica amministrazione, dovuti a intrusioni di personaggi o ditte in contatto con i clan della camorra. Dopo l'apparente stasi del 2022, lo scorso anno le interdittive in tutt'Italia sono aumentate, passando da 1495 a 2007. Torna l'allarme sulle infiltrazioni, i riciclaggi nel sistema economico, per i maggiori appetiti di guadagni che nascono da settori in sviluppo come il turismo e l'incremento degli appalti legati alle opportunità fornite dai nuovi finanziamenti del Pnrr.

Edilizia, lavori pubblici, commercio, servizi, i settori più a rischio.

Il sistema delle interdittive ha compiuto il suo quattordicesimo anno di vita, a partire dall'approvazione del codice antimafia. Tra le misure interdittive, la «comunicazione» è la più grave ed è obbligata per i prefetti. La sua notifica è automatica, legata alla presenza nella Banca dati nazionale di ditte sospette con soci e amministratori sottoposti a misure di prevenzione antimafia definitive. In questo caso, al prefetto spetta solo verificare se la condizione dell'impresa sospetta corrisponde ancora a quella che compare nella Banca dati nazionale. Nel 2023, in provincia di Napoli sono state firmate ben 279 comunicazioni. Diverso il caso delle «informazioni», provvedimenti lasciati invece alla discrezione del prefetto che può avviare consultazioni e contatti con le ditte interessate per accertare quale sia la realtà aziendale aggiornata. Una misura preventiva, con un potere affidato al prefetto non sempre con modalità chiare per «accertare la contiguità dell'impresa alla compagine associativa che non necessariamente deve integrare i presupposti della affiliazione o del concorso esterno». Significa, di fatto, accertare eventuali parentele, legami lontani, amicizie, contatti delle imprese con personaggi affiliati ai clan camorristici.

Nel 2023, dunque, le «comunicazioni» sono aumentate del 34,2 per cento rispetto all'anno precedente e del 30,2 per cento rispetto al 2019, ultimo anno prima del Covid. Dati che, dopo la pausa economica di due anni dovuta alla pandemia, registrano la ripresa delle attività produttive e degli appalti, con il corrispondente aumento di controlli delle Prefetture sulle infiltrazioni mafiose. Più delle «comunicazioni» sono aumentate le «informazioni», che hanno avuto un incremento addirittura del 36,3 per cento rispetto al 2022. Secondo i dati del 2023, resta il Sud l'area di maggiore diffusione delle misure interdittive, che hanno di conseguenza determinato un rallentamento nelle procedure degli appalti e dei contratti di servizi con la pubblica amministrazione. In Campania, l'incremento delle misure interdittive nel 2023 rispetto al 2022 è stato del 47 per cento. E c'è un record nel record negativo della Campania, quello della provincia di Napoli dove lo scorso anno sono stati firmati 351 provvedimenti, quattro volte più degli 87 registrati nel 2022.

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Nel Mezzogiorno, dopo la Campania il numero maggiore di misure interdittive lo ha registrato la Sicilia con 390 provvedimenti, mentre in controtendenza è la Calabria con 265 misure, il 2,9 per cento in meno rispetto all'anno precedente. Con differenze tra le province calabresi, dove la ndrangheta resta insidiosa e si infiltra nella società reale. Se a Reggio Calabria le 75 misure interdittive sono state l'8 per cento in più rispetto al 2022, in provincia di Catanzaro sono diminuite da 130 a 21 per un vistoso meno 82,3 per cento. Al Centro-Nord, resta l'Emilia Romagna, dove le inchieste sulle cosche calabresi sono numerose, l'area con più misure interdittive applicate: 215, di cui 144 solo in provincia di Reggio Emilia. Un dato dovuto anche ai lavori della ricostruzione post-terremoto, ma in calo del 19,2 per cento rispetto al 2022. Più misure, più controlli sui pericoli di inquinamento mafioso, ma anche più ritardi nelle procedure degli appalti, anche per i ricorsi amministrativi delle imprese interessate contro i provvedimenti. Ma non c'è alternativa per arginare il rischio che degli appalti pubblici possano avvantaggiarsi famiglie mafiose.
 

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