Italia, emigrazione e denatalità svuotano il Mezzogiorno: spariti 126 mila cittadini

Il nord si popola, ma per l'arrivo di stranieri e meridionali

Un reparto maternità
Un reparto maternità
di Marco Esposito
Venerdì 29 Marzo 2024, 23:20 - Ultimo agg. 30 Marzo, 12:04
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Il dato di sintesi è piatto: in Italia la popolazione nel 2023 è rimasta stabile poco sotto i 59 milioni di residenti. Ma i movimenti che producono questa apparente bonaccia sono forti e portano sconvolgimenti profondi. C’è un’Italia che sta franando e si trova lungo la dorsale appenninica meridionale: Potenza ne è la tragica capitale, proprio la località battezzata quest’anno “città italiana dei giovani”. Ma il fenomeno spopolamento è esteso dall’Aquila a Reggio Calabria passando per Avellino e Benevento e colpisce entrambe le isole. E c’è un’Italia che cresce - Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto - non per la natalità, arretrata a 1,2 figli per coppia, bassa ovunque e in flessione pure a Bolzano, ma per i massicci arrivi di stranieri e di meridionali. Con una novità: i luoghi attrattivi per i ragazzi del Sud non sono più le grandi città (la città metropolitana di Milano addirittura ha un saldo migratorio interno pari a zero; quella di Roma appena 0,6 su mille) ma province come Pavia, Ferrara, Savona che guidano la classifica del saldo migratorio interno con valori positivi per oltre 4 persone ogni mille residenti.

Quindi la sostanziale stabilità, tirate le somme, nasconde la perdita di 126mila italiani residenti nel Mezzogiorno (valore che si riduce a meno 81mila per gli arrivi di migranti) e l’incremento di 74mila al Centronord.

Così come maschera l’uscita dal mondo produttivo per limite d’età di 805mila persone, rimpiazzate da appena 592mila giovani, con una caduta di oltre 200mila unità potenzialmente attive e la necessità do acquisire subito consapevolezza che alle spalle di quei diciannovenni è nata una generazione più ristretta di ulteriori 200mila unità. Ma ecco il quadro nel dettaglio, come emerge dagli Indicatori demografici Istat sul 2023.

Il numero di figli per coppia è caduto ancora arrivando a 1,20 (da 1,24). È praticamente il minimo storico di tutti i tempi, in linea con l’1,19 del 1995. Equivale a dire che cinque coppie (cioè dieci persone) nel nostro paese mettono al mondo appena sei bambini con una perdita secca di popolazione del 40% in una sola generazione. Il bilancio demografico nazionale può essere visto anche così: ogni mille residenti in Italia nel 2023 sono nati sei bambini e sono morte undici persone per cui il saldo naturale porta a 995 persone. Di questi 995, due sono emigrati all’estero e sette sono arrivati dall’estero per cui il numero finale è sempre mille. Lungo la penisola non ci sono eccezioni positive per fecondità visto che il valore meno basso, quello della provincia di Bolzano, è tra quelli che hanno conosciuto la flessione più accentuata attestandosi a 1,56 (da 1,64).

Napoli cala da 1,37 a 1,32. La Sardegna addirittura si attesta a 0,91. Il fatto che nell’isola nuragica ci sia il maggiore divario culturale di genere tra maschi (appena 15 su cento con laurea nella fascia di età 25-34 anni) e donne (le giovani con laurea sono 39 su 100) sembra suggerire una correlazione con la difficoltà di formare coppie paritetiche e cooperative. La Sardegna è anche il posto dove si ritarda di più il momento del parto con una punta a Oristano di 34 anni. Ma ormai in tutta Italia si aspetta intorno ai 32 anni e mezzo. In tale quadro, nel 2023 sono venuti al mondo appena 379mila bambini, di cui 50mila figli di entrambi i genitori stranieri. I valori sono in calo rispetto al 2022 rispettivamente di 14mila e di 3mila. Per le culle è il quindicesimo ribasso consecutivo con una perdita rispetto al 2008 di quasi 200mila neonati. Ciò significa che in un contesto già difficile a causa dell’invecchiamento c’è un buco tra gli attuali quindicenni e i neonati del 34 per cento.

L’Italia invecchia e conta 22.500 centenari (duemila in più in un solo anno) anche a causa di un fenomeno positivo e cioè il rialzo della speranza di vita. Ma persino su tale voce, il Sud è messo male. Invece di assistere a un fenomeno di convergenza tra territori, i divari si allargano. Nel 2022 sulla popolazione maschile il Trentino Alto Adige aveva un vantaggio di 2,6 anni sulla Campania con una aspettativa per gli uomini di 81,7 anni contro 79,1. Nel 2023 la distanza si è allargata a 2,8 anni con 82,2 contro 79,4. Per le donne i valori estremi sono 86,5 in Trentino e 83,6 in Campania con una differenza di 2,9 anni. Un valore che tende ad allargarsi perché era di 2,2 anni nel 2003 e di 2,7 nel 2013. In generale la speranza di vita alla nascita nel 2023 è aumentata di sei mesi soprattutto per una sorta di effetto rimbalzo rispetto agli anni della pandemia, durante i quali molte persone fragili hanno perso la vita. I decessi sono scesi da 715mila del 2022 a 661 mila. L’invecchiamento unito alla denatalità porta un aumento dell’età media con tre province italiane - Biella, Savona e Oristano - che hanno sfondato la soglia dei 50 anni. Napoli e Caserta sono le due province con meno capelli bianchi e un’età media poco sotto i 43 anni e mezzo.

Se l’Italia nel suo insieme mantiene l’equilibrio dei residenti lo si deve quindi al minore numero di morti e all’arrivo di stranieri. Nel 2023 hanno lasciato l’Italia 142mila persone mentre sono entrati in 416mila. Le mete per chi parte sono Regno Unito nonostante la Brexit, Germania, Svizzera e Francia. I maggiori ingressi sono provenienti dall’Ucraina, seguita da Albania e Bangladesh, mentre la Romania è scivolata al quarto posto. Gli stranieri residenti sono 5,3 milioni di persone pari a 9 ogni cento, tuttavia meno di 900mila vivono nel Mezzogiorno. Il contributo dei migranti ormai è sensibile anche nella popolazione con cittadinanza, perché sono diventati due milioni gli italiani di nuova acquisizione, dei cui quasi 200mila riconosciuta nel 2023.

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