Mafia, pg Scarpinato: «Nuove prove contro Mori, zone d'ombra e strategie d'eversione, rapporti con 007 e massoni»

Mafia, pg Scarpinato: «Nuove prove contro Mori, zone d'ombra e strategie d'eversione, rapporti con 007 e massoni»
Venerdì 26 Settembre 2014, 13:03 - Ultimo agg. 13:07
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Nuove prove contro il generale Mario Mori sono state presentate dal pg Roberto Scarpinato all'apertura del processo d'appello per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano. Scarpinato ha chiesto la riapertura dell'istruzione dibattimentale e l'acquisizione di numerosi documenti, tra cui atti «classificati» dei servizi segreti, sulla carriera di Mori e su vari episodi dai quali emergerebbero pratiche investigative «opache».



Tra i nuovi episodi contestati dall'accusa anche una condotta depistante che nel 1993 impedì la cattura a Terme Vigliatore, nel Messinese, del boss catanese Nitto Santapaola. Il criterio ispiratore dell'acquisizione delle «nuove prove», fa riferimento al fatto che, secondo Scarpinato, Mori avrebbe operato per «finalità occulte», per «disattendere doveri istituzionali» come ufficiale di polizia giudiziaria e venendo meno «all'obbligo di lealtà» nei confronti dell'autorità giudiziaria. Nel processo di primo grado il generale Mori e il suo braccio destro Mauro Obinu sono stati assolti «perché il fatto non costituisce reato».



«Bernardo Provenzano era uno dei principali esponenti della frangia di Cosa nostra che manteneva rapporti con soggetti appartenenti ai servizi segreti, alla massoneria e alla Destra eversiva», sostiene il procuratore generale di Palermo. «Di questo hanno parlato diversi collaboratori di giustizia - dice ancora Scarpinato -. Assume rilevanza probatoria anche la conversazione tra Riina e Lo Russo in carcere intercettata il 18 agosto 2013 nel corso della quale Riina definisce Provenzano «carabiniere e massone».



Mori «pur dopo la sua formale fuoriuscita dai Servizi segreti, nei quali peraltro ha fatto rientro al termine della sua carriera nei Carabinieri divenendo direttore del Sisde, ha sempre mantenuto, pur durante il servizio al Ros, il modus operandi tipico di un appartenente a strutture segrete, perseguendo finalità occulte», è ancora Scarpinato a parlare nella sua dura relazione davanti alla Corte d'Appello.



Non solo. Secondo l'accusa, rappresentata anche dal pg Luigi Patronaggio, Mori «ha sistematicamente disatteso i doveri istituzionali gravanti sugli ufficiali di pg tenuti ad attenersi alle norme del codice di procedura penale e i doveri di lealtà istituzionale nei confronti della magistratura, traendo in inganno i magistrati anche mediante l'omessa comunicazione della verità degli avvenimenti o avallando la rappresentazione di versioni false sugli avvenimenti».



Nel chiedere alla Corte d'Appello, presieduta da Giuseppe Di Vitale, di riaprire il dibattimento, Scarpinato e Patronaggio hanno anche spiegato che il processo merita la riapertura per «dimostrare come la sentenza» di primo grado «sia pervenuta a conclusioni erronee, non solo per le motivazioni giuridiche ma anche perché il collegio giudicante in parte ignorava alcuni fatti che sono stati accertati solo successivamente e in parte ha fondato il proprio convincimento su una versione di alcuni avvenimenti che, a seguito, delle nuove prove acquisite, si è rivelata falsa, traendo così in errore il giudicante».



«La strategia politico-giudiziaria dell'accusa è cambiata» dicono i difensori alla fine dell'udienza del processo d'appello al generale Mario Mori. «Il pg - sostiene il prof. Enzo Musco - ha presentato un elenco infinito di richieste di testimonianze e di acquisizioni di atti e documenti. È una rassegna di temi così vasta che temo si voglia rileggere la storia d'Italia degli ultimi 40 anni». «Mi sembra chiaro - aggiunge l'avvocato Basilio Milio - che si tenti di ampliare il tema del processo».