Schettino, attesa per la sentenza
La difesa: ci fu complotto, voleva fare
l'inchino ma non vicino agli scogli

Schettino, attesa per la sentenza La difesa: ci fu complotto, voleva fare l'inchino ma non vicino agli scogli
Venerdì 12 Maggio 2017, 15:30 - Ultimo agg. 20:00
4 Minuti di Lettura

«Schettino quella sera voleva effettivamente fare l'inchinò all'isola del Giglio per fare un piacere al maitre Tievoli, ma non voleva andare così vicino all' isola e quando vide la schiuma degli scogli diede ordine al timoniere che commise ben otto errori». Lo ha sottolineato l' avvocato Saverio Senese nella sua arringa in Cassazione davanti ai giudici della IV Sezione penale sottolineando anche che nessuno degli ufficiali »comunicò al comandante il punto nave«. Senese ha inoltre sostenuto che il verdetto d'appello che ha condannato Schettino a 16 anni e un mese di reclusione deve essere annullato perché è stato emesso da un collegio giudicante »costituito 'ad hoc' solo per lui, in violazione delle regole tabellari». «Manca poi il provvedimento di assegnazione del processo e se il rispetto delle regole dovesse valere solo per Schettino e non per i giudici allora non saremmo più in un Paese democratico«. Per Senese, il processo d'appello deve essere celebrato nuovamente o »altrimenti è inevitabile che Schettino si senta un perseguitato«. Per la difesa dell'ex comandante è inoltre »inutilizzabile l'interrogatorio di garanzia reso al gip di Grosseto e divenuto la struttura portante della responsabilità del comandante nel naufragio: non c'è mai stato il consenso esplicito di Schettino all'utilizzo di quell' interrogatorio e solo le dichiarazioni rese nel contradditorio hanno valore di prova«. Senese ha poi illustrato 14 vizi di motivazione del verdetto di appello che sarebbero divenuti altrettanti travisamenti delle prove.
 

 

«Ci sono elementi significativi che sulla Costa Concordia ci fu un'attività di sabotaggio: qualcuno aveva manomesso l'ecoscandaglio, elementi del radar e l'allarme visivo» e inoltre «ci sono indizi convergenti di un complotto degli ufficiali ai danni di Schettino al quale omisero di dire che la nave era fuori rotta quando lui prese il comando di notte al buio, in un punto imprecisato di una rotta imprecisato». È questo uno dei punti decisivi dell'arringa dell'avvocato Saverio Senese che difende Francesco Schettino insieme al collega Donato Laino. Ad avviso del difensore, la sentenza di appello «manca di motivazione sulla colpevolezza di Schettino nel naufragio perché non fornisce elementi per dire che il comandante consapevolmente si discostò dalla rotta tracciata da Canessa. La sentenza motiva senza motivare, esiste senza esistere perché non dà risposta alle obiezioni della difesa». La Costa Concordia, la sera del naufragio, era fuori rotta e Schettino «non solo non sapeva dove la nave fosse, ma c'é la prova che non lo sapeva perché se avesse saputo che gli scogli erano così vicini non avrebbe ordinato di aumentare la velocità»,ha sottolineato Senese.

A Meta intanto è giallo sull'ex comandante. Secondo alcuni si sarebbe allontanato stamattina all'alba, in compagnia di un parente, pronto a presentarsi in carcere nel caso in cui i giudici dovessero confermare la pena di 16 anni e un mese di reclusione inflittagli dalla Corte d'appello di Firenze a maggio 2016.
Una mossa per dribblare fotografi, cameraman e reporter che da stamattina assediano la casa coniugale del marittimo metese e quella del fratello Salvatore? Si vedrà. Anche perché non è detto che, in seguito al verdetto di oggi, per Schettino si aprano le porte del carcere: la Cassazione potrebbe anche annullare la sentenza di secondo grado e rimandare il marittimo metese davanti a una sezione della Corte d'appello diversa da quella che l'ha condannato l'anno scorso. In questo caso Schettino dovrebbe affrontare un nuovo processo col rischio, però, di vedersi infliggere una pena più aspra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA