Separazione delle carriere, Nordio rassicura il Csm: «Ma cambieremo la Carta»

Il Guardasigilli: «Nella riforma della Costituzione mai i pm sotto l’esecutivo»

Separazione delle carriere, Nordio rassicura il Csm: «Ma cambieremo la Carta»
Separazione delle carriere, Nordio rassicura il Csm: «Ma cambieremo la Carta»
di Francesco Bechis
Venerdì 1 Dicembre 2023, 00:27 - Ultimo agg. 13:00
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Un avviso agli alleati: la riforma della separazione delle carriere fra giudici e pm si farà. Un messaggio al Quirinale e alla magistratura: se il governo dovesse mettere mano alla Costituzione, «mai e poi mai vi sarebbe una soggezione anche minima del pm al potere esecutivo». Carlo Nordio dà la sua parola. 

LA TREGUA
Il Guardasigilli si presenta per la prima volta di fronte al plenum del Consiglio superiore della magistratura (Csm).

E sotto gli occhi vigili del presidente della Repubblica Sergio Mattarella getta acqua fra i tizzoni riaccesi tra governo e toghe dopo le accuse reciproche degli ultimi giorni. Addomesticare i giudici al potere politico non è mai stato in agenda, dice Nordio: «Non è pensabile, per me che sono stato magistrato per tanti anni che una simile eventualità si possa verificare». È il giorno della tregua a Palazzo dei Marescialli, la sede del massimo organo di autogoverno dei giudici italiani. Fuori invece ancora infuria lo scontro. Il ministro Guido Crosetto stamattina sarà alla Camera a ripetere il suo j’accuse, l’allarme per una magistratura “politicizzata” pronta a colpire il governo prima delle elezioni Europee. Intanto la premier Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia fanno scudo ad Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio. 

Di fronte al plenum Nordio si tiene a distanza dalla bufera. Annuncia un nuovo concorso per 400 magistrati all’inizio del prossimo anno. Poi va dritto al punto, la riforma costituzionale del centrodestra per separare le carriere di giudici e pm, anche se non la cita direttamente. «Le stelle della nostra Carta non sono fisse, ma in movimento. Anche i padri costituenti, nella loro saggezza, riconobbero che la Costituzione ha in se stessa i germi delle modifiche». Dunque, anche sulla giustizia la Carta si potrà cambiare, a patto però di non «assoggettare» i pm al potere esecutivo, assicura il ministro. «A questo mondo non vi è nulla di eterno tranne le parole del Signore. Il resto è mutevole. E cosi è la Costituzione». Mattarella presiede e ascolta, in silenzio, gli interventi dei consiglieri che si alternano nella Sala Bachelet. Sulla riforma che vorrà scavare un solco fra magistrati inquirenti e giudicanti il Quirinale non si esprime, per ora. 

La linea è quella seguita per il premierato targato Meloni. Finché il Capo dello Stato non avrà un testo e il Parlamento non avrà detto la sua, nessuna moral suasion. Anche se, viene fatto filtrare, una «convergenza ampia» in Parlamento su riforme così impattanti è sempre gradita. Mattarella arriva accompagnato da Fabio Pinelli ed è lui, il vicepresidente del Csm, a cercare un punto di caduta in queste ore di stilettate continue tra toghe e maggioranza. «È essenziale ripristinare i rapporti di fiducia, relazionarsi con reciproco rispetto, pur all’interno di qualche fisiologico contrasto scaturente dal fatto che in democrazia c’è un soggetto che fa le regole, ma poi ce n’è un altro, autonomo e indipendente». Nordio ricambia l’assist: «Troppo importante per chi vi parla è contribuire a rinsaldare il rapporto di fiducia della collettività nei confronti della magistratura, uno dei pilastri dello stato di diritto». Le due riforme appena varate dal Cdm - la disciplina delle “pagelle” per i magistrati e la stretta sui giudici fuori ruolo - non sono che l’antipasto di quel che verrà. Eppure hanno già raccolto tempesta tra le correnti dei togati che al Csm si dividono, tra chi punge e chi abbraccia il governo. 

LE PROMESSE
Nordio tende una mano. Invierà al Csm i nuovi testi per un parere. E sempre più d’ora in poi si consulterà con il Consiglio, annuncia spiegando che la collaborazione può «essere estesa ad altre rilevanti iniziative normative». La tregua, si diceva. Poi ci sono i crucci dell’amministrazione giudiziaria. I tribunali e le Corti d’Appello sempre più vuoti, i fascicoli che strabordano dagli armadi degli uffici giudiziari. Pinelli lancia l’allarme: la «carenza di organici tanto del personale di magistratura quanto di quello amministrativo» impedisce di applicare le riforme, anche quelle più urgenti come il nuovo Codice Rosso a tutela delle donne. Riecco Nordio a rassicurare: da un lato il concorso per i 400 giudici, dall’altro 500 milioni di euro per i magistrati onorari per i prossimi tre anni. Sorrisi e sguardi d’intesa accompagnano Mattarella all’uscita e chiudono il plenum. E chissà che la tregua tra toghe e governo duri anche lì fuori. 


 

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