«Stupro premeditato e feroce, manette
usate per legare le due ragazzine»

«Stupro premeditato e feroce, manette usate per legare le due ragazzine»
Sabato 4 Novembre 2017, 14:38 - Ultimo agg. 16:26
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«La scelta del luogo è un primo, importante elemento che dimostra la premeditazione del delitto, così come l'utilizzo delle manette che il reo aveva portato con sé con l'inequivocabile intento di farne uso per legare le vittime ed impedire loro di fuggire durante lo stupro programmato». Lo scrive il gip Costantino De Robbio nell'ordinanza di custodia cautelare di Mario Seferovic, 21 anni, alias Alessio il Sinto, nato a Napoli ma residente in un campo rom a Roma, e Maikon Bilomante Halilovic, 26 anni, per lo stupro di due 14enni avvenuto a maggio scorso a Roma. Per il giudice: «Il ricorso a un complice demandato a sorvegliare l'accesso al vicolo per consentire la violenza carnale senza timore di essere interrotti» e aumentare la paura nelle vittime «aggrava ulteriormente un fatto già di per sé estremamente allarmante».


Intanto, emergono altri dettagli sui giovani stupratori. «Mi hanno insegnato a portare rispetto a chi mi rispetta»: è una delle frasi estrapolate dai profili social. «Odio tutti» e tante foto come quelle di qualsiasi ragazzo della sua età: selfie con espressioni buffe, scatti "da duro" allo specchio e video dei pomeriggi con gli amici in giro per Roma, nei dintorni del campo nomadi di via di Salone dove abitava insieme all'amico che secondo gli inquirenti ha fatto da «palo» durante la violenza. Su Instagram la voglia di riscatto, forse la sofferenza per un amore finito. «Avevi detto per sempre», scrive Seferovic, riferendosi pare a una storia finita male: «Ci siamo conosciuti, tenuti, per poi finire sconosciuti». 

La ricostruzione dell'accaduto è scioccante. Legate a una ringhiera con le manette, portate in un luogo isolato e stuprate nell'estrema periferia Est di Roma. Una delle due ragazze si era innamorata di Mario conosciuto su Facebook: avevano chattato per diverso tempo, lei  aveva conquistato la sua fiducia, tanto che la ragazza aveva accettato un incontro. La giovane aveva capito che Mario era un rom, ma non le importava, voleva parlarci, vederlo. Un incontro che si è trasformato in un incubo, in una serata di violenza folle. 

A maggio la ragazza era andata all'appuntamento con la sua amica: e anche Mario si era presentato con il complice Maicon Bilomane Halilovic. Entrambi i nomadi vivono in via di Salone, il campo che ospita 600-800 persone, un tempo «villaggio della solidarietà», da anni definito addirittura dalle forze dell'ordine «terra di nessuno». Poi le minacce, le grida, la paura, l'orrore si consuma nella desolazione più assoluta.

Dopo lo stupro le due ragazze vengono liberate. Soltanto un mese dopo una delle due ha raccontato ai genitori quello che era accaduto. Sono quindi iniziate le indagini dei carabinieri: i militari sono riusciti a individuare i due bosniaci. Nella notte tra giovedì e venerdì Seferovic è stato arrestato nel campo nomadi di Salone: era già conosciuto alle forze dell'ordine per aver commesso reati contro il patrimonio. Halilovic invece è stato arrestato a Tor Sapienza, quartiere vicino, un angolo di periferia devastato da una altro campo rom, quello di via Salviati.

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