Aereo New York-Roma scende per 8mila metri, cosa è successo? L'ex comandante: «Se il sistema di pressurizzazione ha un guasto è la manovra più corretta»

Gianni Lanza, 60 anni, romano, ex comandante sugli Airbus 320 ed istruttore di volo: «Probabile il malfunzionamento di una valvola»

Aereo New York-Roma per 8mila di quota, cosa è successo? L'ex comandante: «Se il sistema ha un guasto è la manovra più corretta»
Aereo New York-Roma per 8mila di quota, cosa è successo? L'ex comandante: «Se il sistema ha un guasto è la manovra più corretta»
Paolo Ricci Bittidi Paolo Ricci Bitti
Sabato 16 Settembre 2023, 00:03 - Ultimo agg. 17 Settembre, 12:39
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«A occhio i passeggeri, quelli che non dormivano, perché era anche notte, hanno avvertito più la larga virata per invertire la rotta che la discesa avvenuta davvero con un rateo molto “dolce”», dice Gianni Lanza, 60 anni, romano, ex comandante sugli Airbus 320 ed istruttore di volo. Quel Boeing 777-200 della United Airlines, diretto da Newark a Fiumicino, è sceso da circa 37mila piedi (11mila metri) a quasi 9mila piedi (2.700 metri) in 8 minuti secondo alcune versioni, in 10 secondo altre. «Consideriamo pure 8 minuti: fanno poco più di 3.500 piedi al minuto, una discesa appunto leggera che indica che sul velivolo era tutto sotto controllo a parte quel presunto malfunzionamento dell’impianto di pressurizzazione della cabina».

Leggera? 
«Diciamo una lunga planata con manette al minimo e aerofreni fuori. Perché la discesa diventi un po’ più ripida bisogna perdere almeno 5 o 6mila piedi al minuto e ancora fra i passeggeri non si scatena certo il panico.

Ma in caso di emergenza quel modello può accelerare anche molto di più senza problemi. Ecco, semmai chi era sveglio si sarà chiesto perché dopo quella virata l’aereo scendeva invece di livellarsi sulla quota di crociera a circa 12 chilometri di altezza. Ma a questo punto il comandante aveva di sicuro già avvisato i passeggeri del cambio di programma. Si può immaginare il loro disappunto».

Sul volo UA510 non sono scese le mascherine di emergenza, almeno così ha dichiarato la compagnia senza essere smentita dai passeggeri.
«Segno che, pur non funzionando a dovere, l’impianto di pressurizzazione ha mantenuto in cabina una pressione accettabile continuando a pompare l’aria aspirata dai motori. Il pilota ha indicatori che gli segnalano perfettamente la situazione e così ha deciso che per precauzione era meglio interrompere la trasvolata dell’Atlantico e tornare a Newark».

Indispensabile però perdere quota e magari liberarsi di un po’ di carburante ché i serbatoi erano ancora quasi pieni dopo 49 minuti di volo?
«Sì, è possibile ipotizzare che una delle valvole dell’impianto non funzionasse bene. È chiaro che a 11mila metri di quota non si sopravvive senza il sistema di pressurizzazione che mantiene nella cabina una situazione simile a quella dei 3mila di quota. Via via che si sale le valvole si chiudono sempre di più, mentre il sistema forza l’aria ad entrare. In discesa accade l’opposto: le valvole si aprono sempre di più mentre è sempre meno necessario pompare aria».

 

In caso di malfunzionamento di questo sistema?
«Se proprio il guasto è pesante e c’è una perdita repentina di pressurizzazione, le mascherine scendono in automatico. Azione che può anche essere comandata dal pilota. Da quel momento l’autonomia dell’impianto che fa sopravvivere i passeggeri ad alta quota consente al pilota di scendere con calma verso i 3mila metri, a una quota insomma in cui non c’è bisogno di aiuti per respirare».

La United dice che in cabina non si è mai registrata una perdita di pressione.
«Ci saranno i record delle strumentazioni a fare fede, ma quella discesa appena più accentuata di quella standard, quella che fa inclinare il velivolo di 3 gradi, testimonia che era tutto sotto controllo. Evidentemente però gli indicatori legati al sistema di pressurizzazione segnalavano che qualcosa non stava andando per il verso giusto e bene ha fatto il pilota ad essere prudente. Mentre tornava verso Newark avrà tenuto costantemente sotto controllo il delta (la differenza) fra la pressione interna (della cabina, ndr) e quella esterna. Va anche considerato che questi impianti sono “ridondanti”, ovvero che le parti “vitali” sono doppie e anche “triple” perché se se ne guasta una ce n’è almeno un’altra che la rimpiazza».

È un malfunzionamento frequente? 
«Direi proprio di no, sugli aerei di oggi si tratta di circostanze rare e soprattutto affrontabili senza conseguenze per i passeggeri. Per di più l’aereo si trovava sul mare e quindi scendere non è stato complicato. Diverso è se magari stai attraversando le Alpi e per scendere verso i 3mila metri devi “buttare” il muso verso Monaco o verso la Pianura Padana. Poi può capitare di dovere scendere di quota anche se il sistema di pressurizzazione funziona bene».

Quando?
«Avviene quando si perde tutta o in parte la potenza di un motore. I quadrigetto sono un’estrema minoranza e quindi nei bimotori a quel punto ti resta un solo propulsore che fornisce sì la spinta necessaria a volare in massima sicurezza, ma che deve anche alimentare da solo il sistema di pressurizzazione. Quindi di regola si scende comunque di quota».

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