«Logorare senza abbattere», così Trump rischia di finire all'angolo

«Logorare senza abbattere», così Trump rischia di finire all'angolo
di Luca Marfé
Venerdì 16 Giugno 2017, 21:00
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NEW YORK - C’è una parola che racconta lo stato d’animo di una metà abbondante degli Stati Uniti di oggi. Una parola sola che, come una fotografia, racchiude sgomento, rabbia e addirittura speranza. Questa parola è impeachment.

Non era mai successo nella storia a stelle e strisce che un presidente, prima ancora di mettere fisicamente piede tra le mura della Casa Bianca, venisse inseguito in questo modo da un’ombra tanto grave quanto pericolosa per il suo destino politico.

Trump, con la sua vicenda personale e professionale di affarista senza scrupoli avvolto da numerosi sospetti, si è prestato quasi naturalmente a divenire oggetto di una diffidenza serpeggiante già tra gli stessi repubblicani al tempo della sua candidatura. Diffidenza esplosa un attimo dopo tra le fila democratiche, mentre si consumava il dramma della sinistra datato 8 novembre 2016.

Da allora in poi, tra alti e bassi, di fatto non è più riuscito a scrollarsi di dosso quella stessa parola: impeachment.

Le ragioni potenziali sono state addirittura diverse, ma su tutte il problema principale è sempre stato rappresentato dalla sua relazione equivoca con la Russia di Putin. E lo è stato al punto che, con fare quasi goffo, Trump aveva persino provato a generare un rischioso strappo attorno allo spinoso scenario siriano. Un tentativo, che era apparso a tratti evidente, di scacciare di colpo le critiche di collusione per rovesciarle nel tumulto della collisione. Insomma, una maniera per chiarire agli occhi degli americani e del mondo intero che lo “zar” fosse nella sua lista dei cattivi e di certo non dei complici.

Peccato che, stando alle evoluzioni (involuzioni) degli ultimi giorni, il giochetto pare non abbia funzionato.

Nell’ambito del licenziamento dell’ex numero 1 dell’Fbi Comey, ritenuto evidentemente “colpevole” di un’attenzione eccessiva proprio nei confronti del dossier russo, il presidente è indagato per una potenziale ostruzione alla giustizia che potrebbe costargli l’imputazione formale e, nel tempo a venire, l’impeachment vero e proprio.

La verità, però, è che potrebbe non essere neanche necessario.

E non si tratta soltanto degli indici di gradimento che sprofondano di giorno in giorno, ma di un quadro più vasto fatto di opposizione politica e mediatica che sta sfiancando il tycoon e che sembra in qualche modo rispondere al mantra “logorare senza abbattere”.

Sfinire Trump, forzarlo all’angolo al punto da costringerlo a gettare la spugna prima ancora che tecnicamente il Congresso (di cui va ricordata la solida maggioranza repubblicana) possa o debba pronunciarsi in merito ad eventuali accuse formali.

In attesa di conoscere novità e dettagli dell’inchiesta federale, resta dunque da capire quanto a lungo, e soprattutto se, il presidente sarà in grado di resistere al pressing incessante di chi non riesce ad arrendersi all’idea che l’America possa essere rappresentata dal suo volto.
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