Sulla grande mappa digitale, uno schermo da almeno sessanta pollici che illumina la plancia di comando abitualmente semibuia, la rotta è impostata. Partenza da Civitavecchia, prima tappa a Cipro e arrivo di fronte alla Striscia Gaza. Quanto vicino alla costa è ancora tutto da definire: «Il punto esatto di ormeggio e di operazioni lo capiremo una volta giunti in zona», racconta il comandante, quando per la nave è giunta l’ora di mollare gli ormeggi. «Tutto dipende dall’evoluzione della situazione sul campo e dalle trattative diplomatiche. Quando arriveranno gli ordini - aggiunge il capitano di vascello, Lorenzo Bonicelli Della Vite - noi saremo prontissimi». Di chiaro, fin da ora, c’è che l’Italia fa sventolare per prima la sua bandiera nel cuore della crisi, in quella zona del mondo in cui da oltre 30 giorni si consuma una gigantesca catastrofe umanitaria. Nave Vulcano accende i motori poco dopo il tramonto, a bordo c’è già tutto: rifornimenti completati in meno di 24 ore, da quando il Ministero della Difesa ha deciso di dare il via alla prima operazione militare e umanitaria.
La strategia
La missione è complessa, rischiosa ma importantissima.
La partenza
L’iniziativa italiana, annunciata poco dopo la decisione del governo, è una notizia che fa subito il giro del mondo, rilanciata in pochi minuti dai media arabi, israeliani e americani. E un motivo c’è: nessuno degli stati che da settimane si mobilitano per la de-escalation è andato oltre gli appelli e i colloqui diplomatici. La nostra Difesa agisce e agisce subito. Alle 21 Nave Vulcano recupera l’ancora: si lascia alle spalle le luci di Civitavecchia e inizia la sua missione. Motori al massimo, perché davanti ci sono due giorni di navigazione e c’è poco tempo da perdere. A bordo ci sono le scorte necessarie per navigare un mese intero: per l’autosufficienza dell’equipaggio e per fornire aiuti consistenti alla popolazione. E i numeri, di una delle ultime unità entrate a far parte della flotta della Marina, sono impressionanti: 9.000 metri cubi di gasolio, cioè la stessa quantità di 300 autobotti, 4.500 metri cubi di combustibile per elicotteri e aerei e poco meno di 900 metri cubi di acqua dolce, una maxi cisterna che con il rubinetto di casa si riempirebbe in 65 giorni. Per le 40 tonnellate di razioni alimentari ci sono enormi container ma anche 200 metri quadri di celle frigo e una cucina industriale capace di confezionare oltre 500 pasti al giorno.
A bordo
Tra i ponti si alternano sale operatorie e aree sterili con attrezzatura sofisticatissima. I posti letto disponibili sono 18, ma le stanze possono essere rimodulate a seconda delle esigenze. C’è una sala rianimazione, un reparto infettivi, un pronto soccorso e diverse sale operatorie. A bordo operano in 170 e una parte dell’equipaggio si occupa solo dell’area sanitaria: medici, infermieri e anche alcune volontarie della Croce rossa. Sul ponte atterrano e decollano due elicotteri e sarà affidato proprio a loro il compito di andare a recuperare i feriti da salvare. «Ma useremo anche battelli, gommoni e altre piccole unità navali - sottolinea il comandante - Siamo i primi, siamo orgogliosi di esserlo. Cercheremo di dare il meglio: per aiutare il più possibile la popolazione civile e per mettere a frutto le tante potenzialità della nostra nave». All’alba l’Italia è già lontana, all’orizzonte ci sono i bagliori delle esplosioni.