Nizza, spunta un altro complice del killer in Italia

Nizza, spunta un altro complice del killer in Italia
di Sara Menafra
Mercoledì 20 Luglio 2016, 10:31
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C'è una nuova traccia che porta ad incrociare la storia di Mohamed Lahouaiej Bouhlel con l'Italia. E anche se finora tutti gli elementi raccolti dagli investigatori francesi sembrano raccontare il giovane tunisino come un uomo che ha deciso di cambiare vita solo due settimane prima della strage, forse senza neppure il bisogno dell'indottrinamento del reclutatore algerino di cui ha parlato suo zio, la procura di Roma, titolare del fascicolo sulla morte degli italiani a Nizza, ha avviato tutte le verifiche nel tentativo di trovare un dettaglio utile: perché quando ha passato il confine tra Italia e Francia a Ventimiglia, nella tarda estate scorsa, Bouhlel non era da solo. Lo accompagnava un amico ed è su questo nome che il titolare del fascicolo, Francesco Scavo, ha affidato le verifiche ai carabinieri del Ros. Per capire cosa fossero venuti a fare i due nel nostro paese, per quanto tempo e perché. Spiegazioni importanti anche per chiarire definitivamente se Bouhlel, dietro la vita balorda ma occidentalizzata, nascondesse qualche tipo di legame con organizzazioni terroristiche.
 
LE VERIFICHE IN PUGLIA
Bouhlel potrebbe essere stato in compagnia di Chokri Chafroud, il tunisino di 37 anni fermato a Nizza due giorni fa che ha vissuto parecchio tempo in Italia e negli ultimi anni si è spostato spesso tra il nostro paese e la Francia, dove possiede un permesso di soggiorno. L'ultima volta è stato identificato a Ventimiglia a novembre scorso, anche se la mancanza di un vero confine impedisce di tracciare con certezza i suoi spostamenti. Il suo profilo Facebook racconta un uomo che a Bari ha frequentato l'università e ha fatto il general manager di una masseria in provincia di Taranto. Fidanzate e amiche occidentali, canzoni di Eros Ramazzotti, vacanze proprio a Sousse, la stessa città dove è nato Bouhlel e di dove potrebbe essere lui stesso originario. Le verifiche nella sua ultima abitazione a Gravina di Puglia hanno per il momento smentito rapporti con la criminalità locale, che ha una forte componente albanese. Secondo una delle piste battute dagli investigatori francesi, Chokri potrebbe essere stato il tramite attraverso il quale Bouhlel è stato in grado di procurarsi la pistola 7,65 che aveva con se al momento della strage.

Nella stanza di Chokri a Gravina di Puglia, per il momento, sono state trovate solo delle lettere, scritte in arabo e quindi da tradurre. Stando ad alcuni testimoni, Chokri sarebbe stato coinvolto anche in un giro di piccolo spaccio, forse destinato ai clienti degli alberghi in cui lavorava. Parenti e amici che ancora vivono in provincia di Bari sono stati ascoltati dalla Digos di Bari. Se sia coinvolto oppure no nella fase esecutiva del piano di Bouhlel potrebbe essere chiarito nelle prossime ore, quando la polizia francese dovrà decidere se rilasciare lui e gli altri fermati, perché scadrà il termine delle 72 ore di garde a vue che permette di interrogare i sospetti senza formulare accuse.
Stessa valutazione andrà fatta per la coppia albanese che avrebbe venduto la pistola a Bouhlel. Anche loro, come era emerso due giorni fa, sono legati all'Italia. E' possibile che per la stessa rotta che collega la loro terra d'origine alla Puglia e quindi alla Francia si siano procurati la pistola venduta a Bouhlel. Di certo, a novembre scorso, la donna è stata fermata sempre a Ventimiglia e accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: aveva nascosto alcuni clandestini nel bagagliaio della macchina.

Le verifiche eseguite dalla Digos dopo i fatti di Nizza sono state raccolte in una breve informativa depositata pressi gli uffici giudiziari baresi. Il botta e risposta su possibili difetti di comunicazione tra gli uffici, cominciato lunedì è è proseguito ieri. In una nota, infatti, il Viminale ha chiarito che la Procura di Bari «era stata puntualmente informata degli accertamenti in corso». Non si è fatta attendere la risposta del procuratore di Bari Volpe, il quale ha chiarito che «su indicazione di conferma della Digos della Questura si è data comunicazione telefonica di quanto riferito dalla Polizia di Stato alla Dna e, dopo il deposito di una breve informativa scritta ad opera del detto reparto di Polizia, al Procuratore Nazionale Franco Roberti, preavvertito telefonicamente».

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