Yulia non si aspettava di rischiare la galera per i suoi disegni. Il suo intento era di promuovere un innocente blog di educazione sessuale, sfatare qualche tabù, ma senza essere irriverente o pornografica. E invece Yulia è finita nei guai e ora rischia sei anni di carcere. Questo caso emblematico dalla Russia è rimbalzato in tutto il mondo sollevando un polverone mai visto, mobilitando associazioni e ong straniere. Il fatto è che in Russia sembra sia praticamente vietato postare disegni, quadri o vignette che raffigurano la vagina, anche se sotto forma di opere d'arte, anche se utili a veicolare informazioni di tipo medico o didattico.
E' così che Yulia Tsvetkova, 27 anni, artista e attivista dell'estremo oriente della Russia, si è dovuta fermare per cause di forza maggiore ed interrompere la sua campagna sociale per aiutare le donne a parlare liberamente della propria sessualità. Tutto ha avuto inizio quando ha fondato un centro studi nella sua città natale, Komsomolsk-on-Amur, dove ospitava eventi femministi e lgbt. Per un certo periodo ha anche prodotto alcune opere teatrali dirette ai bambini, garbate e adatte a loro, per mettere in discussione gli stereotipi di genere. E' stato però il suo blog a scatenare il caos. Aveva osato parlare liberamente di coppie di fatto e relazioni gay (pagando una multa per aver diffuso la «propaganda gay»).
Tra gli schizzi più osè c'era anche l'immagine di una donna stilizzata con le gambe divaricate, accompagnata dallo slogan: «Le donne vive hanno i peli del corpo, ed è normale!»
La polizia non deve avere gradito questa diffusione e così si è presentata a casa di Tsvetkova e l'ha arrestata con l'accusa di «distribuzione di pornografia». Ora rischia fino a sei anni di carcere. Nel frattempo l'arte femminista di Yulia è diventata l'emblema dei diritti delle donne e delle lgbt russe.
Yulia si è mossa individualmente, ha spiegato, perchè le scuole russe non offrono alcuna educazione sessuale, e la discussione pubblica sui diritti degli omosessuali è in effetti illegale dal 2013, a causa di una legge che vieta la «promozione di rapporti sessuali non tradizionali» ai minori.