Ucraina, l'alfabeto della crisi: A come armi, T come tavolo; le parole di un conflitto in cui tutti possono perdere

Ucraina, l'alfabeto della crisi: A come armi, T come tavolo; le parole di un conflitto in cui tutti possono perdere
di Marco Esposito
Lunedì 21 Febbraio 2022, 23:55 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 16:39
8 Minuti di Lettura

È la prima crisi internazionale dal 2005 senza la A di Angela Merkel ed è l’ennesima nella quale la U di Ursula von der Leyen o di Unione europea non è pervenuta. È la prima crisi in Europa che rischia di precipitare in un conflitto armato su larga scala, come non si vedeva dal 1945. Ecco il vocabolario per orientarsi in uno scontro che è alle porte di casa. E non solo perché quella ucraina è di gran lunga la prima comunità straniera a Napoli e in Campania.
 

Armi. Protagoniste in ogni conflitto già prima di essere utilizzate. Nella crisi ucraina abbiamo finora visto fucili e trincee da prima guerra mondiale, convogli di carri armati come nella seconda guerra mondiale, lanci di missili teleguidati come negli scontri tecnologici in Iraq o in Afghanistan.
 

Bielorussia. È uno dei pochissimi stati dell’ex Unione sovietica a rimanere fedele a Mosca dopo il collasso dell’Urss e il leader Lukashenko, in carica da 28 anni, fa apparire al confronto Putin un vero democratico. A Minsk nel settembre 2014 sono stati firmati gli accordi tra Russia e Ucraina per raffreddare il conflitto con i secessionisti di Doneck e Lugansk.
 

Crimea. Conquistata dall’impero russo nel 1783 è, da allora, la riviera dorata di chi conta a Mosca. Regalata dalla Russia all’Ucraina nel 1954 come segno di amicizia tra i due popoli, nell’Urss del dopo Stalin, è stata ripresa con la forza dai russi sessant’anni dopo, nel 2014.
 

Donbass. La regione più industrializzata dell’Ucraina, abitata in prevalenza da russi, si è autoproclamata indipendente otto anni fa. Il riconoscimento della “Repubblica popolare di Doneck” da parte di Putin, avvenuto ieri, segna il possibile innesco del conflitto armato.

Europa è indubbiamente il campo degli eventi, ma Europa è anche la mancata protagonista politica. Mai come in tali casi, le missioni a Mosca in ordine sparso dei capi di governo di Berlino, di Parigi o magari di Roma mostrano in maniera plastica l’assenza di Bruxelles. Eppure un’Unione europea davvero unita avrebbe i numeri per guardare la Russia in un rapporto di 10 a 1 in termini di Pil.

Fake News. «In guerra, la verità è la prima vittima». Lo affermava Eschilo, venticinque secoli fa. Ed è un tema attualissimo oggi, tempi in cui la fabbrica delle (false) informazioni è quanto mai pervasiva. Toccherà agli storici fare davvero chiarezza sugli eventi in corso.

Gas. Chi afferma che l’energia è la sola ragione del conflitto esagera, tuttavia è evidente che i gasdotti sono le nuove “vie della Seta”: chi li controlla ha un potere quasi assoluto. Se Mosca invade l’Ucraina, il gas russo sarà a lungo tabù per gli europei, i quali dovrebbero rifornirsi via nave dagli americani. A costi molto superiori.

H La bomba a idrogeno è tabu, è l’oggetto che non si può neppure nominare. Mai usate finora in guerra (quelle di Hiroshima e Nagasaki erano delle fionde, al confronto) le bombe H sono state sperimentate in luoghi deserti.

Quella provata dai russi nel 1961, nell’artico, provocò un’onda sismica che fece per tre volte il giro della terra. 

Incrociatore. È l’ultima provocazione dei russi e sfiora l’Italia. L’Ustinov si è diretto verso la portaerei Usa Truman nel mar Ionio, al largo della costa della Calabria e in particolare di Punta Stilo, nella zona dove il 9 luglio 1940 ci fu il primo scontro fra le navi italiane e quelle britanniche. Non andò bene per il tricolore.

Joe. Per il presidente degli Stati Uniti Biden è il primo vero banco di prova. Ha il vantaggio di otto anni d’esperienza da vicepresidente con Obama, dal 2009 al 2017, ovvero quando è esplosa la prima crisi in Ucraina, con l’annessione della Crimea, dando avvio alla stagione delle sanzioni ma mostrando anche a Putin che gli americani non sarebbero morti per Sebastropoli. 

Kiev. La capitale dell’Ucraina è stata per quattro secoli la principale città della Russia, mentre Mosca era appena un villaggio. Si deve ai Mongoli la distruzione di Kiev nel 1240 e lo spostamento a Mosca dei centri di potere di riscossione dei tributi, dando vita al primo nucleo dell’Impero russo. 

Leopoli. La città più occidentale dell’Ucraina è diventata di fatto la nuova capitale, dopo lo spostamento delle ambasciate. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, nel 1914, Leopoli era invece la più orientale delle città dell’Impero asburgico. Lì si tenne una battaglia sanguinosa, cui parteciparono gli italiani di Trieste, sudditi dell’imperatore d’Austria. Fu una delle poche vittorie dell’esercito dell’Impero russo.

Mosca. Se le mosse di Putin sono piuttosto chiare, è difficile dire cosa si muova davvero a Mosca, tra i cosiddetti oligarchi. Per gli uomini d’affari le sanzioni economiche e finanziarie possono essere davvero un ostacolo, che non è detto possa essere compensato con la “riconquista” della Crimea o del Donbass.

Nato. L’alleanza militare che ha gli Stati Uniti come perno è un po’ la Elena di Troia nello scontro in corso. L’Ucraina vorrebbe aderire, in modo da diventare inattaccabile dalla Russia. Mosca giudica inaccettabile trovarsi i missili della Nato nel Mar Nero. La Nato non può accettare veti da Mosca. Servirebbe una soluzione intelligente che soddisfi le buone ragioni di tutti. Servirebbe l’intelligenza di Ulisse.

Onu. Ha le mani legate. Il meccanismo di governo dell’Onu dà potere di veto a cinque Paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Russia. In tali condizioni è impossibile immaginare qualsiasi intervento dei caschi blu.
 

Profughi. L’esperienza della Siria mostra che di fronte a un conflitto armato l’unica difesa possibile per la popolazione civile è fuggire. A lungo tra gli abitanti dell’Ucraina è prevalsa la convinzione che prima o poi si sarebbe trovata una soluzione diplomatica. Tuttavia tale certezza inizia a sgretolarsi.

Querce. L’Ucraina è uno dei pochi paesi europei ancora ricchi di boschi e non a caso la prima foresta dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità si trova in Ucraina, con faggi e querce. Un conflitto armato avrebbe conseguenze anche sui pochi spicchi di continente ancora vergini.

Russia. Il più grande stato del mondo è anche l’unico che possa dirsi in senso tecnico un “impero”: con 160 popoli e 100 lingue parlate è un mosaico di culture tra le quali però quella russa è largamente prevalente. Come per ogni impero, non ha confini rigidamente definiti, se non quando si raggiunge il mare. Per Putin e per molti russi l’Ucraina è semplicemente la via verso il mare, un luogo della Russia dove si parla (anche) ucraino.

Video

Servitore del popolo. “Sluha narodu” era il nome di un programma tv del comico Volodymyr Zelensky in cui l’attore, come un Beppe Grillo d’altri tempi, prendeva in giro i politici. Ma poi, proprio come Grillo ma qualche anno dopo, il comico ha deciso di fondare un partito chiamato appunto Sluha narodu, Servitore del popolo. E si è candidato alla presidenziali del 2019. Vincendo. Nel suo programma la lotta alla corruzione (“onestà!”) ma anche l’avvicinamento all’Unione europea e l’ingresso nella Nato.

Tavolo. Da tradizionale luogo di confronto, con la crisi ucraina il tavolo si è trasformato in un fattore anche visivo di distanza, con i protagonisti degli incontri al Cremlino lontani ben sei metri. Il tavolo è made in Italy, della Oak Industria Arredamenti di Cantù, realizzato nel 1996 su ordinazione dell’allora presidente russo Boris Eltsin.

Ucraina. La più fertile delle ex repubbliche sovietiche ha ancora le ferite del disastro di Chernobil, il lascito peggiore di quell’epoca. Troppo orientale per Bruxelles, non si è finora potuta avvicinare all’Unione europea, come hanno fatto le tre repubbliche baltiche. 

Vladimir Putin governa la Russia da vent’anni. È già nella storia. Ma per lasciare davvero il segno il leader del Cremlino deve riaprire una stagione di espansione, come hanno fatto a lungo gli zar fino a fare della Russia il più esteso impero sulla terra. La Crimea è, anche simbolicamente, l’obiettivo più alla portata. Peraltro dal 2019 non è necessario passare per l’Ucraina per arrivare dalla Russia sulla penisola, grazie a un ponte di 19 chilometri realizzato in tre anni.
Washington. Nella capitale del più forte Stato del pianeta deve prevalere il senso d’impotenza di fronte all’aggravarsi di un conflitto che non può essere risolto con i droni. La posta è alta: se la Russia dovesse uscirne politicamente vincitrice, e dovesse consolidarsi il patto con la Cina, gli Usa vedrebbero davvero messo in crisi il primato.

X intesa come l’ora X, cioè l’avvio del conflitto. Continuamente annunciata da fonti dell’intelligence Usa e smentita in modo poco convincente da Mosca, rischia di scattare per un evento fortuito.

Yalta In quella cittadina, in Crimea, nel febbraio 1945 con Hitler ancora convinto di poter vincere la guerra, Stalin, Churchill e Roosewelt posero le basi per una pace mondiale duratura, decidendo la nascita dell’Onu. Invece della pace, ci si ritrovò nella guerra fredda. Ma almeno grazie a Yalta si è evitata una guerra “calda”.

Z Una misteriosa lettera “Z” è apparsa sui carri armati russi e sulle file di convogli che si muovono presso il confine con l’Ucraina. Le lettere sono disegnate in bianco all’interno di un quadrato su carri armati, cannoni semoventi e camion.

© RIPRODUZIONE RISERVATA