Odessa e Mariupol sono 2 punti strategici per la conquista dell’Ucraina, le città del sud, quelle più vicine alla costa. I russi vogliono occuparle a tutti i costi per cancellare lo sbocco a mare per Kiev.
Odessa
Quella trincea sul Mar Nero: «Lanciano missili dalle navi, ci difendono i nostri vicini»
Il 24 febbraio i cittadini di Odessa hanno capito che nulla sarebbe stato come prima, quando un razzo russo ha colpito le navi militari attraccate al porto e sono state contate le prime venti vittime. Anche ieri ci sono stati quattro allarmi antiaerei. Da una nave russa, sul mar Nero, sono stati lanciati alcuni razzi che hanno raggiunto obiettivi militari. Via terra l’esercito di Putin sta avanzando da est ed è a 60 chilometri, ma non riesce a superare la resistenza di un’altra città, Mikolaiv, ormai bombardata ogni giorno, ma che continua a combattere guidata dal governatore Kim divenuto ormai un personaggio su Telegram, il servizio di messaggistica con cui tiene costantemente informati i cittadini, tra combattimenti per il controllo dell’aeroporto e lezioni di strategia militare.
Se Mikolaiv non cade, lungo la costa del mar Nero, l’esercito russo non potrà raggiungere Odessa, se non facendo un giro molto lungo. Intanto, però, lungo la strada tra le due città sono pronte le trincee. No, Odessa non è una Fortezza Bastiani dove si aspetta un nemico che non arriva mai. La minaccia dell’esercito di Putin è costante, anche perché in Crimea, a Sebastopoli, sono almeno 12 le navi militari russe schierate.
A Odessa in molti hanno familiari oltre il confine, ma la maggioranza vuole difendersi dall’occupazione. Non c’è la caccia al russo, in una città frequentata da molti turisti di quel Paese, ma anche da molti uomini d’affari. Qualche arresto di chi è ritenuto troppo vicino a Putin c’è però stato. Per ora non mancano generi alimentari, si trova carburante, il trasporto pubblico funziona. Scuole, bar e ristoranti sono chiusi. Si aspetta, si guarda al mare e alle navi russe minacciose sul mar Nero, la marina ucraina ha annunciato di avere colpito una imbarcazione nemica. E si scruta soprattutto a est, alla strada, sperando che Mikolaiv resista.
Mariupol
Cibo finito: «Senza neve non c’è acqua. E piovono soltanto bombe»
Mariupol è una delle città diventate simbolo di questa invasione, sarà ricordata in futuro come esempio della follia di questa guerra e della ferocia dell’esercito di Putin, i libri di storia parleranno dei reparti di pediatrie e di maternità bombardati, dei 1.207 civili già uccisi, dell’agonia perché ormai tra macerie, tra palazzi distrutti e fosse comuni, cominciano a mancare cibo e acqua. Non c’è il gas, non c’è il riscaldamento, si accendono i fuochi, si cucina così quel poco che c’è. Si benedice la neve, perché almeno si può ricavare acqua da bere. I missili russi hanno colpito soprattutto i quartieri occidentali. Racconta una testimone: «I saccheggi sono in aumento, ci sono madri impazzite che cercano cibo e pannolini per i bambini».
Mariupol è una trappola in cui almeno in 200mila vorrebbero andarsene, ma i corridoi umanitari non hanno funzionato. L’esercito russo continua a sparare. Ora nella città sul Mar d’Azov, nel sud-est dell’Ucraina, si usano definizioni che si sperava non sentire più: «genocidio», «catastrofe umanitaria», «tragedia», «condizioni medievali». Racconta Sasha Volkov, vice capo della delegazione della Croce Rossa internazionale, in un messaggio audio: «Molta gente dice di non avere più nulla da dare da mangiare ai bambini, le persone cominciano ad attaccarsi tra di loro per il cibo, o ad attaccare le auto di altri per prendere la benzina». Mariupol, una città che prima dell’invasione aveva quasi mezzo milione di abitanti, dove solo due settimane fa si andava a scuola, al ristorante, a fare shopping, oggi è un fantasma: è allo stremo. Dice ancora Volkov: «Tutti i negozi e le farmacie sono stati razziati diversi giorni fa e le persone si stanno ammalando a causa del freddo. Noi della Croce rossa abbiamo un rifugio, nella cantina, solo per i bambini e le loro mamme. Tutti gli altri adulti, ed i bambini sopra i 12 anni, dormono nell’ufficio». Su Facebook una cittadina di Mariupol è riuscita a scrivere alcuni messaggi per raccontare quanto sta succedendo: «La gente sta morendo per mancanza di acqua. Fuori è gelido, fa un freddo feroce negli appartamenti. Ditemi, è possibile cuocere un uovo nella carta stagnola? Ne ho ancora sei... I bambini faranno colazione». L’ultimo messaggio: «Abbiamo da mangiare ancora per cinque-sei giorni, gli adulti provano a ridursi le porzioni. Ci stanno mancando le forze».
Il vicesindaco di Mariupol, Sergiy Orlov, è riuscito a collegarsi con i media internazionali e ha denunciato: «I russi hanno usato l’aviazione, l’artiglieria, i lanciarazzi, armi che non conosciamo neppure. Questo è un crimine di guerra. Questa città è sempre stata multietnica, patria di persone di lingua russa e ucraina, di etnia greca e armena. E la metà delle persone uccise dai bombardamenti russi sono ucraini di lingua russa». Denuncia l’arcivescovo di Kiev, Sviatoslav Shevchuk: «Ci sono uccisioni di massa a Mariupol, dai tempi delle repressioni di Stalin non vedevamo sepolture di massa, fosse comuni».