Ucraina, la trincea di Mariupol: «I nonni hanno perso tutto ma non vogliono andare via»

Ucraina, la trincea di Mariupol: «I nonni hanno perso tutto ma non vogliono andare via»
di Ettore Mautone
Martedì 19 Aprile 2022, 07:00 - Ultimo agg. 20 Aprile, 13:13
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Barbara Maccagno è un medico internista, torinese, coordinatrice del gruppo italiano di Medici senza Frontiere. È lei a guidare circa una ventina di dottori italiani sui 100 di tutte le nazioni che sono in Ucraina sin dai primi giorni di guerra, giunti sul campo per prestare soccorso e assistenza alla popolazione aggredita dall'esercito russo. Nel suo ufficio a Leopoli è attualmente l'unica italiana. La notte scorsa è stata svegliata dal sinistro allarme delle sirene ed ha trascorso la notte nel rifugio presente nell'edificio in cui abita e lavora. «Stanotte in effetti non ho chiuso occhio avverte domenica sera abbiamo sentito gli allarmi e ci siamo trasferiti nel bunker. Stamattina (ieri) abbiamo sentito il fragore delle esplosioni. I russi hanno bombardato la città. Da quanto ci hanno riferito si tratta di infrastrutture. Non abbiamo sentito o visto aerei. Da quello che so hanno usato missili o droni. Siamo qui al riparo ma continuo a lavorare, ho con me il computer e faccio il punto della situazione. Mi occupo di vagliare le segnalazioni che ci giungono da varie città bombardate e sottoposte alla maggiore pressione dell'esercito russo nel nord-est. È li che arriva il nostro treno fatto di due vagoni, una vera e propria clinica mobile con cui trasferiamo i pazienti che non possono essere curati negli ospedali presenti nelle città e che per la gravità delle patologie, legate o meno alla guerra, hanno bisogno di un'assistenza più complessa e multidisciplinare. Una spola con cui abbiamo trasferito centinaia di malati mediamente molto gravi e anche bambini rimasti purtroppo orfani. Leopoli è una grande città e ci sono molte strutture attive. Noi siamo un valore aggiunto. La rete ferroviaria funziona ancora bene e ci consente di raggiungere quasi ogni città. Mariupol? È un buco nero. Da quel luogo non arriva nessuna notizia, è irraggiungibile». 

Un lavoro presente anche nei paesi limitrofi (Polonia, Ungheria, Moldavia, Slovacchia, Bielorussia e Russia) per assistere i rifugiati con le loro cliniche mobili. «Tra il 9 e il 10 aprile continua Maccagno - il nostro treno adibito a clinica, in collaborazione con le ferrovie ucraine e il Ministero della Salute del Paese ha completato il quarto trasferimento medico di 48 pazienti, provenienti da ospedali vicini alla linea del fronte nelle aree orientali del paese colpite dal conflitto. Altri ne sono stati completati fino a ieri. Continueremo ad usare questo treno medicalizzato per rispondere alle richieste degli ospedali ucraini dell'est per evacuare i pazienti vulnerabili verso zone sicure nella parte ovest del paese, lontane dai fronti più attivi della guerra. Finora abbiamo evacuato quasi 200 pazienti di cui la metà tra il 31 marzo e il 10 aprile». Assistenza medica e chirurgica, orientamento alle cure per i profughi ucraini in Italia, supporto psicologico, coordinamento logistico per forniture sanitarie ma anche consulenza logistica le attività svolte sul campo. «Sono stata personalmente nelle città bombardate - continua Maccagno che ha una lunga esperienza in luoghi di guerra come lo Yemen e l'Afghanistan - ma qui c'è stata una differenza, la popolazione è stata colta di sorpresa. Nonostante le tensioni politiche nessuno immaginava che fosse possibile un'invasione. Si tratta di popolazioni che parlano in gran parte la stessa lingua, che hanno parenti in Russia. È come se fosse una guerra civile. La guerra ha scavato in molto un solco d'odio ma molti vogliono solo che la guerra finisca per tornare alla loro vita.

Sul piano umano mi hanno molto colpito gli anziani. Anche se residenti in zone bombardate e in pericolo di vita spesso si rifiutano di andare via. Ricordo una coppia in condizioni di precarietà che hanno preferito restare nella loro casa. Mi ha colpito la dignità, la forza, il patriottismo». 

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Medici senza frontiere da oltre un mese è impegnata in Ucraina: sono attualmente circa 100 gli operatori internazionali impegnati nella risposta all'emergenza e più di 200 gli operatori locali (chirurghi, medici, infermieri, psicologi, addetti a logistica e amministrazione, esperti di comunicazione. Dal 24 febbraio oltre 200 le tonnellate di forniture mediche e altri materiali trasferite, attrezzature, farmaci per interventi chirurgici, traumi, pronto soccorso e terapie intensive. Attualmente sono impegnati a Kiev, Leopoli, Vinnytsia, Zhytomir, Dnipro, Kharkiv, Odessa, Mykolaiv, Poltava, Bila Tserkva, Uzhhorod e Ivano-Frankivsk. 

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