Trump finge di unire, ma spacca l’America: ecco la riforma della polizia

Trump finge di unire, ma spacca l’America: ecco la riforma della polizia
di Luca Marfé
Mercoledì 17 Giugno 2020, 10:00
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L’America brucia, Trump (finalmente) risponde.

Tre settimane infernali, segnate dalla morte di George Floyd, dalle grida di protesta, dalle piazze invase, dalle statue abbattute, dal razzismo di una nazione chiamata per l’ennesima volta nella storia a fare i conti con se stessa.

Tre settimane quasi vacanti per un presidente viceversa abituato ad occupare ogni spazio della scena politico-mediatica. Delicate al punto, però, da costringere lui e i suoi consiglieri a riflettere bene e a lungo. A misurare, cioè, ogni singola parola.

E allora eccolo, nel Giardino delle Rose della Casa Bianca. A margine della firma di un ordine esecutivo con cui Trump fa la sua scelta. Prevedibile, per larghi tratti: si schiera dalla parte della polizia, annuncia investimenti e non tagli, sposa definitivamente il mantra “legge e ordine”. Guardando sì alla sfida dei disordini contro il movimento Black Lives Matter, ma soprattutto strizzando l’occhio alla corsa elettorale del 3 novembre.


Una riforma attorno alla quale si sforza di spendere altresì parole di unità. E con cui si rassegna a riconoscere formalmente certe storture: la stretta al collo, infatti, sarà vietata.

La pratica con cui gli agenti sono addestrati a immobilizzare gli arrestati, costata la vita non soltanto a Floyd ma già da tempo al centro del dibattito delle morti, verrà dunque bandita, «fatta eccezione per i casi in cui vi siano gravi rischi per la vita degli stessi agenti».

Parallelamente, verrà istituito un database federale volto a registrare violazioni e abusi dei poliziotti, così da individuare ed eventualmente allontanare le cosiddette “mele marce”.
 


Tuttavia, la narrazione è chiarissima e Trump la sintetizza in un’unica e stringata battuta:
«Senza la polizia, c’è il caos».

Il tycoon non le manda a dire, infine, anche sul fronte iconoclastia:
«Sulla nostra eredità culturale dobbiamo costruire, non distruggere».

Finge di unire, insomma.
Ma continua a danzare sul crepaccio di un’America in fiamme e spaccata in due metà.

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