No alla piena attuazione delle linee guida del Ministero della Salute che hanno previsto l'abolizione dell'obbligo di ricovero ospedaliero in caso di aborto farmacologico. Tradotto: no ai consultori per la somministrazione della discussa pillola. Il voto del consiglio regionale Marche boccia la mozione Pd e non lascia margini di interpretazione sulla direzione che la nuova maggioranza di centrodestra intende perseguire in materia di utilizzo della Ru486. Il risultato dell'aula rende conclamata la polemica aperta dall'assessora regionale alla Cultura, l'ex deputata leghista Giorgia Latini che di recente aveva rilasciato dichiarazioni sulla sua volontà, appunto, di rivedere la possibilità di accesso alla pillola per le donne marchigiane nei consultori. Decisione che richiama quanto recentemente attuato dalla giunta regionale dell'Umbria.
Per questo il Pd si è immediatemente schierato firmando in blocco la mozione che mirava a cristallizzare in una sede ufficiale i reali intendimenti della giunta Acquaroli anche se la Lega ieri, per voce del commissario regionale Riccardo Marchetti ha respinto le accuse. .
A giugno 2020 la giunta regionale umbra di centrodestra, guidata da Donatella Tesei, aveva abrogato con una delibera il cosiddetto «aborto farmacologico a domicilio», determinando in pratica la possibilità di effettuare interruzioni volontarie di gravidanza soltanto in regime di ricovero ospedaliero. Ma dopo polemiche e pareri del Consiglio Superiore di Sanità lo scorso dicembre la Regione Umbria ha approvato una nuova delibera per regolamentare l'aborto farmacologico eliminando in particolare l'obbligo di ricovero ordinario in ospedale.