Mattarella: «Tempo scaduto
ipotesi Giorgetti o Casellati»

Mattarella: «Tempo scaduto ipotesi Giorgetti o Casellati»
di Alberto Gentili
Venerdì 13 Aprile 2018, 08:17 - Ultimo agg. 11:43
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ROMA. «Passi avanti non se ne sono fatti e non c'è più tempo, anzi il tempo è finito. In Siria siamo sull'orlo della guerra e se nei prossimi giorni non mi verrà prospettata una soluzione, mercoledì decido io». A sera Sergio Mattarella, parlando con i suoi, scandisce l'ultimatum.
C'è determinazione, ma anche delusione nelle parole del capo dello Stato. Soprattutto dopo che gli ambasciatori 5Stelle, nelle ore precedenti, avevano dato per fatta l'intesa tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con tanto di «passo di lato» di Silvio Berlusconi. Invece, a conclusione del secondo giro di consultazioni, Mattarella si ritrova davanti allo stallo della settimana prima. Immutato. Quasi granitico.
E adesso il Presidente vuole «una soluzione rapida». Ritiene si debba fare in fretta e intende superare la paralisi entro metà della prossima settimana. Perché c'è alle porte una nuova guerra in Siria, appunto. E serve al più presto un governo con pieni poteri. Perché a giugno in Europa si decidono le strategie dei prossimi anni su migranti, moneta unica e bilancio comunitario e l'Italia non può non rispondere all'appello.
 
Così non è previsto un terzo giro di consultazioni che, davanti a un Paese attonito, potrebbe apparire come un'ulteriore inutile sceneggiata. «Non ci rivedremo presto», ha detto Mattarella ai suoi ospiti. E mercoledì, se nessuna buona novella dovesse arrivare da Salvini e da Di Maio, sarà il Presidente a rompere l'impasse. Due le opzioni sul tavolo. La prima: un incarico esplorativo alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, o al suo omologo della Camera Roberto Fico. E al momento prevale la soluzione-Casellati in quanto, espressione del centrodestra che ieri sul Colle si è presentato unito (venerdì scorso le delegazioni erano tre), la presidente del Senato potrebbe avere più possibilità di successo. Ma soprattutto dopo che in serata il leghista Giancarlo Giorgetti ha sponsorizzato questa ipotesi, l'esplorazione della Casellati potrebbe essere foriera di un'ulteriore perdita di tempo.
La seconda opzione: un pre-incarico, con l'obbligo di tornare a riferire sul Colle prima di qualsiasi prova parlamentare, a un esponente indicato dal centrodestra (difficilmente un 5Stelle). Il nome che gira forte è proprio quello di Giorgetti. Salvini ha paura di bruciarsi senza avere in tasca un accordo con Di Maio e quasi certamente preferirà passare la mano, in attesa di un possibile secondo giro. Forse dopo aver scaricato Berlusconi.
Sul Colle la situazione è ormai chiara. Il nodo per Di Maio - ancora determinato a fare il premier - resta il Cavaliere. E per Salvini il problema è decidere se, come ha fatto ieri non senza riluttanza, confermare il patto di centrodestra. Non per generosità o lealtà, ma perché se si lascia alle spalle l'alleanza con Berlusconi rischia di andare a fare il secondo a Di Maio e di veder evaporare l'Opa su Forza Italia. Il Pd, invece, come si sa ormai da tempo, è congelato in... minoranza: il reggente Maurizio Martina ha almeno archiviato la parola opposizione. E vi resterà almeno fino all'assemblea del 21 aprile.
Tattiche, strategie, veti, che Mattarella ormai osserva (a 40 giorni dalle elezioni) con malcelato fastidio. Nelle consultazioni il Presidente è apparso «molto preoccupato» per l'escalation militare in Siria. E dunque sollecita un patto di governo. Chi l'ha ascoltato, racconta che a ogni delegazioni il capo dello Stato ha chiesto una professione di fede euroatlantica. Non a caso, uscendo dal colloquio, Salvini ha accantonato i toni filo-russi e ha ribadito «l'obbligo di lealtà all'Alleanza atlantica». Di Maio, ormai diventato europeista e atlantista, ha fatto altrettanto. Come non è casuale che il leader 5Stelle e quello leghista abbiano rinunciato a parlare delle elezioni in Molise e Friuli del 22 e del 29 aprile. Mattarella scoprirà le sue carte mercoledì, appunto. «Purtroppo», ha osservato in serata chi aveva parlato con il Presidente, «nessun passo avanti è stato fatto. Anzi, il quadro è più confuso di quando si è partiti».
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