Bassolino promove Zingaretti: «Sì a Verdi e Sardine, il Pd torni ad aprirsi alla società»

Bassolino promove Zingaretti: «Sì a Verdi e Sardine, il Pd torni ad aprirsi alla società»
di Generoso Picone
Domenica 12 Gennaio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 16:11
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Allora: il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, annuncia la volontà di aprire una nuova fase costituente a sinistra. Congresso con una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione, costituzione di una grande forza riformista anche cambiando simbolo e nome, intenzione di andare pure oltre la sinistra. In fondo, è quanto da tempo si augura lei, Antonio Bassolino. Soddisfatto, dunque?
«Dico che da Zingaretti viene un forte segnale di consapevolezza con la volontà di reagire e assumere una iniziativa politica all'altezza dei tempi e della situazione».

Cominciamo dalla consapevolezza.
«Noi siamo nel mezzo di un passaggio decisivo in cui tutto si svolge in maniera convulsa. Proprio per questo è a maggior ragione importante mostrare adeguata lucidità politica. A livello internazionale siamo dentro uno scenario più largo che chiama in causa il ruolo dell'Europa rispetto alle crisi in corso in Iran e Libia e di fronte a questioni di fondo poste in un mondo dominato da tre potenze: gli Usa e la Cina, che hanno poteri economico e politico, la Russia, che dispone di quelli politico e militare. Davanti a questo quadro c'è assoluto bisogno di un diverso ruolo dell'Italia in una Europa che conti di più. Un'Europa che sappia misurarsi da un lato con gli effetti che produrrà la Brexit e dall'altro con la novità di Spagna e Portogallo dove al governo vanno forze di sinistra e progressiste. Noi, come Italia, possiamo e dobbiamo avere anche in virtù della vocazione mediterranea una posizione più forte in una Europa che sappia guardare di più e meglio a quanto accade in Africa, dove Cina e Russia ormai contano maggiormente. Ecco, senza comprendere ciò che succede intorno al nostro Paese risulterà estremamente difficile agire sul fronte interno».

Dove le complicazioni non mancano.
«Beh, dal 4 marzo 2018 c'è stato un susseguirsi tumultuoso di stagioni. Dalle elezioni politiche del M5S alle Europee della Lega, due governi in pochi mesi, la nascita repentina dell'esecutivo con cinquestelle, Pd, LeU, Italia Viva che potrà avere un futuro soltanto se mostrerà di essere un insieme».

Non lo è?
«Non ancora o, quantomeno, non come sarebbe necessario. Guardi, l'Italia è ferma e gli indici di crescita quando ci sono sono a livelli minimi. La verifica per l'attività del governo si misurerà con la capacità che avrà di rispondere in termini di coesione e di sviluppo alle pressanti domande del Mezzogiorno e di farlo in termini del tutto diversi da quelli del precedente esecutivo. Gli anni della grande crisi hanno pesato sull'Italia e soprattutto sul Sud, qui è ripresa l'emigrazione su larga scala dei più giovani e dei migliori mutando letteralmente il paesaggio umano. Un primo passo potrà venire dal 34 per cento di spesa pubblica nel Meridione, a cui dovrebbe far seguito il piano per il Sud annunciato dal ministro Giuseppe Provenzano. Un segnale incoraggiante è dato pure dalla nomina di Gaetano Manfredi a ministro dell'Università e della Ricerca: gli faccio gli auguri e spero che, al pari di quanto ha fatto per la Federico II, incentivi le opportunità per trattenere e sostenere le giovani intelligenze. C'è comunque urgenza di una iniziativa generale del governo».

Lei crede che Zingaretti si sia mosso anche in considerazione di questo?
«Sicuramente questi temi pongono questioni al Pd e alla sinistra. Il Pd ha frenato la caduta elettorale con primi passi di ripresa. Ora dovrà seguire la svolta nella conduzione politica, nel modo di essere del partito, nel rapporto con il Paese. Questa svolta reclama una rinnovata capacità di riflessione politica e culturale, che si è abbastanza smarrita in questi anni, oltre che di presenza dentro la società italiana. Competendo con la Lega che amministra ampi territori del Nord e con un centrodestra dove, se Forza Italia si ridimensiona, Fratelli d'Italia è in crescita. Dentro la società, insisto, nella vita quotidiana delle persone più che in asfittici rituali ripetitivi perché soltanto dal versante del governo la sfida non sposterà nel profondo i rapporti di forza. Ci vuole la giusta ambizione».

La vede nella proposta di Zingaretti?
«Lui ha un credito di fiducia conquistato con le primarie del Pd. La giusta ambizione viene dal considerare miope e ristretta ogni visione, da parte di chiunque, intorno al campo attuale. Non conta modificare di un punto gli equilibri tra Pd, LeU, Italia Viva e Azione di Carlo Calenda: c'è un altro campo da conquistare attraverso una competizione virtuosa. Insieme».

A quale campo si riferisce?
«Soprattutto a quello amplissimo abitato dal popolo enorme del non voto. È anche necessario dialogare con i nuovi ambientalisti e i giovani delle Sardine, offrire a tutti i senza casa della sinistra e del centrosinistra un tetto politico, una prospettiva, una speranza».

Non teme scorciatoie di convenienza e sommatorie a freddo?
«Servirà un vero congresso costituente di riflessione e discussione politica, aprire porte e finestre che finora sono rimaste chiuse per far entrare aria nuove, idee nuove.

Per fare più grande il Pd e la sinistra poi si vedrà in corso d'opera se opportuno cambiare nome e simbolo. Nomina sunt consequentia rerum. C'è una priorità da rispettare, saper stare nella società. Questa è la sfida da raccogliere e che riguarda tutti. Una scommessa in cui ognuno, a cominciare da me, deve saper dare il suo contributo».

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