Autonomia differenziata, intervista a Mara Carfagna: «Non si fa senza compensare il Sud»

«Considero l'accelerazione di Calderoli pura propaganda»

Mara Carfagna è presidente di Azione
Mara Carfagna è presidente di Azione
di Valerio Esca
Lunedì 2 Gennaio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 18:33
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Bocciatura totale del modello di autonomia proposto dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli. Mara Carfagna, ex ministro per il Sud e la Coesione territoriale, oggi presidente di Azione, fa un bilancio dopo la manovra appena approvata dal Parlamento. La deputata del Terzo polo chiede maggiore attenzione per il Mezzogiorno, striglia il governo Meloni e difende l'operato dell'esecutivo precedente guidato da Mario Draghi del quale ha fatto parte. Passa ai raggi X la legge di bilancio e mette sotto la luce dei riflettori l'autonomia di Calderoli sottolineandole i limiti, a partire dalla mancanza di fondi per i Lep.

Il ministro Calderoli spinge per portare quanto prima in Consiglio dei ministri l'autonomia differenziata, qual è il suo giudizio?
«Considero l'accelerazione di Calderoli pura propaganda.

Credo che anche lui sappia che l'autonomia non si può fare forzando la mano, per due motivi. Il primo è che il vantato patriottismo di Giorgia Meloni ne uscirebbe a pezzi, e la premier non può permetterselo. Il secondo è che il modello Calderoli è sostenuto fino in fondo da un partito che vale l'8 per cento, e i numeri in democrazia contano. Quelli del Carroccio potrebbero addirittura abbassarsi, vedremo il risultato delle elezioni in Lombardia».

Cosa non va nel progetto di riforma di Calderoli?
«L'autonomia è prevista dalla Costituzione e può rappresentare sicuramente un'opportunità per i territori se viene utilizzata per responsabilizzare gli amministratori, per fare un salto in avanti sul terreno dell'efficienza, del buon governo. Non è quindi un tabù, a patto però che sia fatta nel rispetto della Costituzione. E cioè con l'istituzione di un fondo di perequazione per compensare i territori con minore capacità fiscale e con la definizione e il finanziamento dei Livelli essenziali di prestazione. Quello delle coperture finanziare è un punto fondamentale, perché senza soldi non si fanno riforme. E invece nella manovra appena approvata non è stato stanziato un euro per i Lep».

Questo cosa comporterebbe?
«È prevista solo l'istituzione di una Cabina di regia, cui viene affidata l'individuazione dei Lep, che è un po' come buttare la palla in tribuna. Col governo Draghi abbiamo finanziato tre Lep: per gli asili nido, per gli assistenti sociali e per il trasporto scolastico studenti con disabilità. Dunque, se c'è la volontà politica le risorse si trovano. Altri punti irrinunciabili sono il coinvolgimento del Parlamento, che non può essere relegato sullo sfondo; il superamento della spesa storica, che ha solo acuito divari e disuguaglianze, soprattutto a danno del Sud; e l'esclusione dalla riforma di materie come i rapporti internazionali e con l'Unione europea, l'istruzione, la tutela della salute, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia».

Siete pronti a fare battaglia in aula?
«L'opposizione è assai vigile, e almeno su questo tema dovrebbe trovare compattezza. Sono convinta, ad esempio, che anche il Pd dovrà rivedere alcune posizioni, soprattutto se Bonaccini sarà eletto segretario: da presidente dell'Emilia Romagna si è spesso accodato ai governatori leghisti del Nord, ma da capo di partito dovrà guardare a interessi più generali».

Quanto Sud c'è nella Manovra appena approvata dal Parlamento?
«Nella prima versione della legge di bilancio, quella solennemente presentata in conferenza stampa, la parola Sud non c'era proprio. Mancava ogni riferimento, a dimostrazione di come il Mezzogiorno sia molto in basso nella scala delle priorità del governo. Non c'era stata nemmeno la prontezza di prorogare i crediti d'imposta che sarebbero scaduti a fine 2022, misure vitali per le imprese e per gli investitori del Mezzogiorno. Se qualcosa è poi entrato nella versione definitiva della manovra è stato grazie alle sollecitazioni del mondo produttivo e imprenditoriale e delle opposizioni, che hanno denunciato la mancanza di misure di sostegno funzionali alla riduzione dei divari. Siamo stati noi di Azione-Italia Viva, ma anche le altre opposizioni, a presentare emendamenti per prorogare i crediti di imposta per chi investe nel Mezzogiorno, per chi investe nelle Zes e per le imprese del Sud che investono in ricerca, sviluppo e innovazione. Sono rimasta davvero senza parole quando il governo ha copiato la nostra proposta pari pari, proponendola come se fosse sua, pur di non riconoscerne la paternità a una forza di opposizione. C'è voluta una plateale protesta per interrompere questo gioco delle tre carte. Per il resto, il Mezzogiorno è fortemente penalizzato».

Quali provvedimenti secondo lei vanno a discapito del Meridione?
«Quota 103, come la precedente Quota 100, avvantaggerà soprattutto il Nord, dove c'è più continuità di versamenti contributivi. Il pasticcio del reddito di cittadinanza, dove invece di una riforma c'è un taglio lineare, già da oggi ha messo nell'angoscia migliaia di famiglie meridionali. Ancora, ci sono molti dossier abbandonati, che giacciono nei cassetti del Ministero, come ad esempio alcuni Contratti Istituzionali di Sviluppo che aspettano solo di essere siglati. Ricordo il Cis Grande Salerno e il Cis Acqua, che abbiamo voluto e portato avanti con lo scorso governo. Farebbero arrivare nelle casse di decine di Comuni centinaia di milioni di euro per finanziare opere pubbliche importanti: strade, parchi, case di comunità, asili nido, infrastrutture idriche. Non ne abbiamo notizia, sarebbe interessante capire che fine hanno fatto e perché non si va avanti». 

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