Il voto di giugno e l’ingresso dei Balcani nell’Unione

di Cinzia Battista
Mercoledì 1 Maggio 2024, 21:59 - Ultimo agg. 2 Maggio, 09:32
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Ci sono molteplici motivi per cui l’Europa, in questo difficile periodo storico, non dovrebbe sottovalutare cosa sta succedendo nei Balcani, nel cuore di casa sua. Molti Stati dell’area saranno i primi ad entrare nell’Unione in vista del futuro allargamento e il risultato delle elezioni europee sarà importantissimo non solo per le politiche da adottare ma anche per l’impronta geopolitica che verrà data al Vecchio continente nei prossimi anni. I Balcani, i nostri “vicini di casa”, al di là dell’Adriatico, sono stati e sono ancora molto turbolenti e la potenziale polveriera nella quale convivono fianco a fianco popoli di etnie, culture e religioni diverse bisogna tenerla d’occhio, anche perché saremmo noi italiani i primi a pagare le conseguenze di una guerra alle nostre porte, come è successo negli anni Novanta.

I principali focolai di tensione sono Serbia, Kosovo e Bosnia-Erzegovina, con la prima in perenne tensione con gli altri due Stati. Nella regione, oggi, la situazione è ancora più complessa degli anni Novanta quando scoppiarono le guerre. Il pomo della discordia è una questione storica: le minoranze serbe che vivono nel Kosovo del Nord e in Bosnia, nella Repubblica Srpska, desiderano attuare politiche secessioniste. Il rapporto della Serbia con il Kosovo (sua ex-provincia che nel 2008 ha dichiarato l’indipendenza mai riconosciuta) è peggiorato da quando Bruxelles vorrebbe far entrare il piccolo Stato dentro il Consiglio d’Europa, decisione osteggiata fortemente dai serbi. La decisione finale è attesa per metà maggio. Invece le relazioni della Serbia con la Bosnia si sono ulteriormente deteriorate da quando il rappresentante bosniaco ha presentato all’Onu una risoluzione in cui alla Serbia si addossa lo stigma di “popolo genocida” per il massacro di Srebrenica in cui nel 1995 furono trucidati circa 8 mila musulmani-bosniaci ad opera delle truppe serbo-bosniache di Mladic. Tale iniziativa è ovviamente fortemente avversata dai serbi secondo i quali inasprirebbe ulteriormente i rapporti interetnici a danno della stabilità generale nella regione con il pericolo reale di nuovi conflitti. Tale decisione dell'Assemblea generale dell'Onu è stata rinviata anche perché mette in forte imbarazzo gli Stati europei che hanno avviato con Belgrado i negoziati di adesione e dà motivo alla Russia di spalleggiare ancora una volta i suoi amici serbi e di “usarli” per vendicarsi dei suoi antagonisti europei.

Belgrado, grande amica della Russia, ha deciso di non entrare nella Nato e si è rifiutata di adottare sanzioni contro Mosca, ed è proprio questo l’aggravante per Bruxelles. Il leader russo lo scorso marzo ha sottolineato: «Le relazioni tra la Russia e la Serbia sono unici, con radici storiche profonde.

Da secoli, i serbi sono gli alleati più affidabili della Russia».

L’Ue proprio perché conosce bene il legame forte tra Belgrado e Mosca ha accelerato ultimamente la prospettiva europea dei Balcani in chiave antirussa.

Anche la Germania tramite la sua ministra degli Affari esteri ha sostenuto che Bruxelles non può tollerare in Europa “zone grigie” che la Russia potrebbe utilizzare per espandere la sua influenza e destabilizzare la regione. E il Segretario generale della Nato Stoltenberg i primi di aprile, in visita in Bosnia si è affrettato a dichiarare: «Restiamo molto preoccupati per le politiche secessioniste e la retorica incendiaria, profondamente irresponsabile nel Paese, tutti i leader della Bosnia devono lavorare insieme per rafforzare le istituzioni», che è suonata come una stoccata anche per gli irrequieti serbi del Kosovo.

La crisi in Medio Oriente e la guerra in Ucraina che hanno provocato una corsa al riarmo in tutto il mondo, hanno esasperato la tensione anche nei Balcani, innescando una corsa agli armamenti regionale. Il leader serbo Vučić ha confermato i piani di un vasto riarmo della Serbia nonostante sia un Paese militarmente neutrale. «Belgrado intende essere molto più forte rispetto agli altri Stati della regione», ha spiegato. Da qui la volontà di dotarsi di armamenti sempre più moderni e sofisticati, in particolare di missili, droni e aerei come i 12 caccia Rafale acquistati di recente. Ed è cominciata la corsa al riarmo anche del Kosovo, con i lanciamissili Javelin e i droni Bairaktar già presenti nel suo arsenale.

Tali tensioni hanno portato allo stallo del processo di normalizzazione Serbia-Kosovo. Il portavoce europeo Stano ha precisato che l’impasse danneggia «il futuro europeo dei due Stati e i benefici che i loro cittadini potrebbero trarre dall'avanzare nel dialogo». L'Ue ha messo ben in chiaro che non intende importare al suo interno “questioni bilaterali ancora in sospeso”. Tali problemi dovranno essere risolti prima dell'adesione all’Unione. E sappiamo bene che proprio “questioni irrisolte” hanno causato le due guerre d’Ucraina e di Gaza.

Gli Accordi di Dayton con i quali si mise fine alle guerre balcaniche degli anni Novanta e che portarono alla pace definitiva in Europa furono il frutto della migliore diplomazia messa a punto dall’Occidente. Chiaro esempio che l'Europa e gli Usa sono stati e sono ancora capaci di tessere la pace fra popoli vicini ma diversi che, con il tempo, hanno imparato a convivere, con qualche scaramuccia, ma a convivere in tempo di pace. È solo questione di forte volontà.

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