Autonomia differenziata, che cosa sono i Lep?

Fissare i livelli delle prestazioni è «imprescindibile» ma si sono attesi vent’anni per il primo: i posti nei nidi

Autonomia differenziata, che cosa sono i Lep?
di Marco Esposito
Mercoledì 16 Novembre 2022, 07:59
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Che cosa sono i Lep?
La garanzia per gli italiani di essere trattati allo stesso modo, ovunque residenti, nei diritti civili e sociali. La definizione dei Lep è prevista in Costituzione dal 2001 e serve a determinare i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

Perché nella Carta 1948 non c'erano i Lep?
La Costituzione nasce centralista, con le Regioni titolari di funzioni marginali (fiere e mercati, cave e torbiere...) e quindi la Repubblica per definizione tutela tutti i territori, almeno in linea di principio. Con il regionalismo e il federalismo fiscale introdotto nel 2001, i servizi al cittadino diventano inevitabilmente differenziati. Ma con un limite - un livello essenziale - al di sotto del quale non si può scendere. Tuttavia senza i Lep, cioè se non si fissa l'asticella dei diritti, è possibile che un cittadino abbia diritto al tempo pieno a scuola in una regione e si veda rifiutare la richiesta in un'altra. Che poi è esattamente quello che succede.

Chi deve definire i Lep?
È una responsabilità esclusiva dello Stato. Quindi tocca al Governo e al Parlamento. I decreti attuativi della Costituzione (2011) prevedono che prima si faccia una ricognizione dei servizi presenti sui territori e poi si decidano i Lep. La ricognizione è stata affidata a una società pubblica, la Sose, che l'ha consegnata in Parlamento il 30 gennaio 2017, con dati parziali perché su alcuni servizi le Regioni non hanno neppure risposto. Da quei numeri si è capita una cosa poco nota: non era vero che il Sud riceve tanti soldi e li spende male ma riceve poco e offre servizi in proporzione, cioè scadenti se non nulli. Si è compreso, insomma, che per garantire livelli di servizio omogenei sul territorio bisogna spendere di più nel Mezzogiorno oltre che, ovviamente, assicurarsi che i soldi si traducano in servizi di qualità.

Perché il ritardo?
Garantire servizi ovunque in un paese diseguale costa. O devi ridurre i servizi al Nord, ipotesi ridicola, oppure devi spendere in modo più equilibrato. Ma l'attuazione del federalismo fiscale è avvenuta in anni - dal 2012 in poi - di tremende crisi finanziarie per cui i soldi agli enti locali - Regioni, Province, Comuni - sono diminuiti.

A quel punto il tema dell'uguaglianza dei diritti è stato accantonato fino all'assurdo costituzionale di prevedere diritto futuro zero dove i servizi storici erano assenti, come nel caso degli asili nido.

Perché gli zeri sui nidi?
Nel 2014 per la prima volta in Italia si è calcolato comune per comune il costo dei servizi, in modo da ricavare il giusto fabbisogno. Quando l'analisi ha toccato la voce asili nido i tecnici si sono trovati di fronte a una scelta: o indicare il valore medio italiano in tutti i Comuni (cioè 12 posti ogni 100 bambini in età di nido) oppure differenziare comune per comune in base ai posti storici esistenti. L'associazione dei Comuni italiani, all'epoca guidata dal sindaco di Torino Piero Fassino, scelse la seconda strada e così tanti centri anche popolosi privi di nido si videro assegnare diritto zero. Tra i casi più clamorosi Giugliano, Casoria, Portici, Pozzuoli in provincia di Napoli. All'epoca solo un giornale, Il Mattino, denunciò gli zeri al Sud. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ex presidente dell'Anci ed ex sindaco di Reggio Emilia, parlò di «errore tecnico grave, che correggeremo» (30 agosto 2014). Il sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone in televisione assicurò che la correzione sarebbe arrivata «nel prossimo consiglio dei ministri» (18 settembre 2014). Ma non accadde nulla perché, oltre alla denuncia giornalistica, non ci fu nessuna protesta da parte di sindaci, sindacati, parlamentari, società civile. Anzi: in assenza di reazioni (con l'eccezione di un solo quotidiano) il metodo degli zeri al Sud fu esteso ad altri settori, compreso il trasporto pubblico locale (non passa l'autobus? non ti serve) o l'assistenza ai disabili e agli anziani non autosufficienti. Bisognerà aspettare il 2018 perché finalmente il Mezzogiorno inizi a prendere coscienza dell'attuazione distorta del federalismo fiscale e reagisca a colpi di ricorsi.

Cosa dice la Consulta?
La Corte costituzionale ha sempre denunciato che lo Stato e gli enti locali si muovono al buio se non ci sono i Lep, definiti «elemento imprescindibile». In particolare, secondo gli alti magistrati (sentenza 220/2021), le definizione del Lep è «particolarmente urgente anche in vista di un'equa ed efficiente allocazione delle ingenti risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza». Ma il Pnrr si è limitato a indirizza il 40% di risorse al Sud, obiettivo neppure sempre rispettato.

Quali Lep sono definiti?
Pochi, e non sempre in modo chiaro, ma il percorso è avviato. L'ex ministro del Sud Mara Carfagna è riuscita a definire per la prima volta il livello essenziale di servizio per gli asili nido, pari a 33 posti ogni 100 bambini fra i 3 e i 36 mesi d'età. La novità è scattata il primo gennaio 2022 e quindi tutti i Comuni sono obbligati ad offrire il servizio, sia pure gradualmente entro il 2027. Naturalmente sono state assegnate anche le risorse. La regola degli zeri al Sud è stata cancellata anche per altri servizi, come l'assistenza sociale, il trasporto dei disabili, mentre resta per servizi comunali per l'istruzione come le mense scolastiche. In un caso, quello degli assistenti sociali, il Lep è definito (un assistente ogni cinquemila residenti) ma il finanziamento, per una regola in palese contrasto con la Costituzione, premia chi gli assistenti sociali li ha già.

E con l'autonomia differenziata?
Più aumentano i poteri regionali, più è indispensabile che i livelli essenziali siano definiti e, ancor più importante, garantiti. Per esempio se la scuola fosse regionalizzata, in assenza dei Lep potrebbero accentuarsi le differenze attuali. È vero che i divari sono preesistenti, ma ciò non è una ragione per aumentarli così come l'esistenza di un divario di reddito fra uomini e donne non giustifica una società che dia più diritti agli uni rispetto alle altre.

Cosa propone Calderoli ?
Che si torni al disegno del 2011, cioè alla ricognizione, e si discuta per un anno. Se però dopo dodici mesi non si è riusciti a definire i Lep, l'autonomia differenziata parte lo stesso, in tutte le materie.

E se il Lep non è attuato?
La Costituzione è chiara: all'articolo 120 si precisa che lo Stato ha il dovere di intervenire nei confronti di Regioni, Comuni o altri enti locali quando i livelli essenziali delle prestazioni non sono garantiti. Neppure una crisi finanziaria può giustificare la mancata attuazione di un Lep, perché una legge di attuazione costituzionale (243/2012) da dieci anni prevede che si possa risparmiare su tutto ma non sui diritti essenziali di bambini, studenti, disabili, anziani, persone fragili, malati. Una solenne dichiarazione di principio rimasta, finora, lettera morta.

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