Def, dopo il caos in aula Meloni vuole la regia: stretta sui lavori per evitare nuovi incidenti

Voci di rimpasto tra i sottosegretari per ridurre i doppi incarichi: il premier smentisce

Def, dopo il caos in aula Meloni vuole la regia: stretta sui lavori per evitare nuovi incidenti
Def, dopo il caos in aula Meloni vuole la regia: stretta sui lavori per evitare nuovi incidenti
di Francesco Bechis
Sabato 29 Aprile 2023, 00:03 - Ultimo agg. 16:17
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Questa volta sono bastate le scuse, il capo cosparso di cenere, la corsa contro il tempo per salvare il Def ed evitare così di schiantare il governo. «La prossima volta no». Giorgia Meloni parla ai suoi ministri dalla City di Londra ma si fa sentire forte e chiaro. Il giorno dopo il clamoroso autogol di Montecitorio la premier già prepara le contromisure. E fa sapere in una girandola di sms e telefonate ai suoi che di qui in avanti vorrà essere messa al corrente in tempo reale dell’agenda parlamentare della maggioranza. 

La cabina di regia

L’idea rimbalzata ieri pomeriggio tra i vertici del centrodestra prenderà forma già nei prossimi giorni.

Una cabina di regia a Palazzo Chigi. Che riunisca con scadenze serrate, perfino settimanali, da un lato la leader del governo e i ministri, dall’altro i capi-delegazione dei partiti e i capigruppo. Ovvero chi ha il polso delle truppe parlamentari. O meglio, dovrebbe. Così non è stato giovedì e infatti non c’è un solo capogruppo a Montecitorio che non sia sotto accusa per l’incidente. Tra gli altri, più degli altri il forzista Paolo Barelli, lui stesso assente durante il voto insieme a diversi altri colleghi azzurri. 

 

La “sciatteria” in aula non sarà più tollerata e pertanto dei lavori parlamentari - riforme, decreti e nomine - dovrà essere messo al corrente real-time Palazzo Chigi, è in sintesi il messaggio consegnato dalla premier a Luca Ciriani, in una telefonata con il suo fidato ministro ai Rapporti con il Parlamento che qualcuno ancora ieri, tra Lega e Forza Italia, metteva nel mirino per l’intoppo sul Def. Alla buvette del Senato il ministro friulano alterna sorsi di caffè a lunghi sospiri. «Qualcosa sicuramente dovremo fare per coordinare meglio i lavori», dice. E suona fin troppo ottimista al confronto dei colleghi di FdI alla Camera che attendono il ritorno da Londra di Meloni come si attende l’apocalisse. Certi che d’ora in poi l’ufficio a Montecitorio della leader tornerà più trafficato che mai. «Non serviranno sanzioni interne - confida in Transatlantico un ministro con un sorriso tirato - la prossima volta che succede una cosa del genere, lei non ricandida più nessuno, da Bolzano a Capo Testa». Sarà, ma tra i fratelli d’Italia a Montecitorio la stretta sulle regole interne al gruppo è data per scontata. A partire dal controllo quotidiano delle presenze. Il cui corollario è una verifica puntigliosa delle “giustificazioni” di chi è assente. Guai di salute a parte, per tutti gli altri impegni di dubbia urgenza lontano dall’aula - convegni, premi e sagre - sarà tolleranza zero. 

«Dobbiamo essere seri», è il richiamo sottovoce del veterano Fabio Rampelli, sguardo assorto e braccia conserte in mezzo al corridoio dei passi perduti: ha arbitrato lui, da vicepresidente, la più folle seduta alla Camera per la maggioranza a sette mesi dalle elezioni. «Durante la nostra prima legislatura in FdI chi non si presentava in Commissione doveva pagare una multa», ricorda un altro meloniano della prima ora facendo intendere che l’idea potrebbe presto tornare attuale. Tra i sussurri di maggioranza se ne fa strada uno che fa ne fa trasalire tanti, chi trema e chi spera: ci sono troppi sottosegretari parlamentari e dunque non è escluso un rimpasto, magari dopo le europee, per ridurre il rischio assenteismo alla Camera e al Senato e scongiurare un nuovo “Def-gate”. Da Londra Meloni smentisce: «Squadra che vince non si cambia, non è mia intenzione rivedere qualcosa adesso». Poi, chissà.

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