Inchiesta petrolio, gli effetti perversi del capitalismo di relazione

Inchiesta petrolio, gli effetti perversi del capitalismo di relazione
di Marco Conti​
Sabato 2 Aprile 2016, 15:39
2 Minuti di Lettura
Il problema non è la sciagurata telefonata di Federica Guidi al compagno, quanto la volontá dell'ormai ex ministro di considerare "normale" che quello che considera "a tutti gli effetti" suo marito, possa lavorare in un settore strettamente dipendente dall'attività del ministero dello Sviluppo da lei stessa guidato. È questo il motivo principale che ha spinto due giorni fa Matteo Renzi a considerare "ovvie" le dimissioni della stessa Guidi la quale oggi, nella lettera al Corriere della Sera, trascura quello che non sembra un particolare.

Sugli effetti perversi di un certo capitalismo di relazione, e a volte senza denaro, Renzi ha avuto modo di intervenire più volte e la stessa vicenda-Guidi dimostra ancora una volta che non basta la carta d'identità per dichiararsi portatori di "nuovo". Renzi ieri ha rivendicato alla politica la scelta di accettare senza batter ciglio le dimissioni del ministro perché "la musica è cambiata", ma ora tocca alla magistratura dimostrare l'esistenza dei reati, e non sulle pagine dei giornali, ma nelle sedi proprie anche perché in gioco non c'è la carriera politica di un ministro ma l'investimento in corso in Basilicata, il futuro di migliaia di famiglie e la reputazione che ha l'Italia tra gli investitori internazionali. I precedenti della procura di Potenza non invitano all'ottimismo e sinora quale siano i reati commessi da molti degli indagati non si conoscono.

Ovviamente è tutto merito della riservatezza con la quale i magistrati stanno svolgendo le indagini ma il can-can basta a parte dell'opposizione per ripresentare l'ennesima mozione di sfiducia che verrà respinta dalla maggioranza e anche dalla stessa opposizione composta da tantissimi deputati, e soprattutto di senatori, che - come ha sottolineato Renzi - non hanno nessuna intenzione di andare a casa sapendo in partenza che non torneranno mai più in Parlamento. Migliaia di lavoratori ora sono a spasso visto che l'Eni ha sospeso le trivellazioni, e tanti altri lo saranno a breve se, come sembra, anche la Total sarà costretta a rivedere i suoi piani. Un assaggio, e anche un involontario spot, di ciò che accadrebbe se dovessero fermarsi anche le trivelle offshore a seguito del costoso è inutile referendum del 17 aprile.