Manovra, salta il condono fiscale e Conte chiede all'Ue di fermare la procedura

Manovra, salta il condono fiscale e Conte chiede all'Ue di fermare la procedura
di Andrea Bassi
Venerdì 16 Novembre 2018, 07:00
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Condono bloccato. Niente tassa sulle ombre degli ombrelloni in spiaggia. Sblocco dei fondi farmaceutici per le Regioni. Il bonus bebè e la tassazione dei money transfer fino all'1,5%. Ci sarà anche la detassazione delle sigarette elettroniche. In un vertice notturno, l'ennesimo, tra Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Giovanni Tria e il premier Giuseppe Conte, è stata trovata la quadra per le modifiche al decreto fiscale. Non ci sarà il saldo e stralcio, il condono tombale chiesto a gran voce dalla Lega. Anzi. Per andare incontro alle pressanti richieste del Movimento Cinque Stelle, la Lega è costretta a rinunciare anche alla dichiarazione integrativa, ossia la sanatoria sul nero, sulle frodi fiscali, su tutte le somme nascoste al fisco. Potrà essere regolarizzato solo quanto messo in dichiarazione, anche se per importi inferiori. Tecnicamente significa che salta la dichiarazione integrativa speciale, la certificazione del condono. Cosa ottiene in cambio la Lega? La tenuta del governo: sembra infatti che Di Maio abbia minacciato la crisi se non fosse stata accolta la sua richiesta. Da Palazzo Chigi comunque minimizzano. Tra le imposte sanabili, solo se dichiarate e solo con lo sconto di sanzioni e interessi, resta anche l'Iva. Tutte le altre misure della pace fiscale con la regola generale di poter spalmare in cinque anni il dovuto, restano. In più viene introdotta la sanatoria per gli errori formali contenuti nelle dichiarazioni dei redditi. I contribuenti potranno chiudere i conti con il Fisco pagando 200 euro per ogni anno da sanare. Una buona notizia. Meno per il Fisco che da quella voce incassa una buona fetta degli introiti della lotta all'evasione.
 
Intanto ieri lo spread è tornato a salire. I governi europei, con una voce sola, chiedono all'Italia di rivedere la manovra. Ma altrettanto compatti, il premier Conte e il ministro Tria, difendono l'impianto della legge di bilancio inviata a Bruxelles. Mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella dalla Svezia, dove si trova in visita, lancia un monito a tutti i partner dell'Unione, ricordando che «non basta l'euro» ma servono «diritti», per evitare che il Vecchio Continente venga visto solo come «un comitato d'affari». La difesa delle misure inserite nel documento inviato alla Commissione martedì notte dal governo italiano, spetta per primo al ministro Tria.

Parlando da Padova, alla presentazione del rapporto della Fondazione Nord Est, il ministro dice che con l'Europa bisogna dialogare «con convinzione per definire al strategia per governare le transizioni, sulle quali», dice, «la nostra manovra offre una risposta diversa dal passato, ma non meno solida e meno credibile». Tria ricorda come il rallentamento della crescita non sia un problema italiano, ma europeo. È la stessa locomotiva tedesca che sta rallentando. Non è un buon segnale, soprattutto per l'Italia vista l'interconnessione delle due economie. Il problema della crescita, secondo il ministro, insomma, è europeo e non italiano. Dunque è l'Europa che deve mettere in campo politiche macroeconomiche in grado di rilanciare l'economia. Ma, dice il ministro italiano, «l'Europa non sembra consapevole della situazione e sembra incapace di adottare politiche di contrasto al rallentamento economico». Ma il ministro parla anche ai suoi alleati di governo, quando spiega che non basta la «fiducia». Serve anche la «credibilità». Perché la fiducia senza credibilità è «solo ottimismo». Per questo andrebbero rafforzate le «misure strutturali». Ma di modifiche all'orizzonte, come ha spiegato da Abu Dhabi, il premier Conte, non ce ne sono. «Non è prevista all'orizzonte nessuna correzione», ha sottolineato il presidente del Consiglio. «Abbiamo deciso, con una voce sola da parte del governo», ha aggiunto, «di avviare questo dialogo in modo costruttivo, franco, sereno: siamo convinti della nostra manovra». 
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