Il governo: sì agli investimenti ma la vera sfida è la legalità

Il governo: sì agli investimenti ma la vera sfida è la legalità
di Gigi Di Fiore
Domenica 13 Novembre 2016, 09:52
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Alla fine, nella prima delle due giornate di riflessione sul Mezzogiorno volute da Vincenzo De Luca, a rappresentare il governo intervengono proprio due ministri con sangue meridionale nelle vene. Il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, lo rivendica con orgoglio: «Sono per tre quarti napoletano, ho lavorato qui, sono assai sensibile a capire cosa non ha funzionato nelle ricette del passato. E, tra quelle fallite, c’è di sicuro la Cassa per il Mezzogiorno».

Il ministro fa subito capire che considera superata la stagione degli interventi straordinari, o gli incentivi da «riserva indiana». Sud nel sistema Italia, territorio eterogeneo da pensare coma parte di un unico corpo. Lo aveva detto anche De Luca, nel suo lungo intervento d’apertura: «Conviene soprattutto al Nord un Sud sviluppato e efficiente, se si considera che il 70 per cento dei prodotti delle aziende settentrionali trovano mercato nel Mezzogiorno».
Quali ricette, quali interventi? Anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, esordisce con la sua patente di meridionalità: «Sono l’unico ministro del governo Renzi ad essere nato a sud di Roma. Ho esagerato, perché sono di Agrigento e dalla finestra di casa mia si vede l’Africa». E poi chiarisce subito: «Non esistono ricette economiche applicabili, se nel Sud non si mette al primo posto il tema della legalità e della sicurezza. Se un imprenditore è costretto a fare i conti con richieste estorsive, è difficile possa pensare ad altro».

Tema sicurezza, narrazione, immagine del Mezzogiorno. Concetti che si tengono e legano. Lo dice il ministro Calenda: «Abbiamo raccontato in modo ingenuo e semplificato l’esigenza di semplificare ogni procedura di intervento, tanto che ogni proposta viene poi vista con sospetto. La globalizzazione e le innovazioni tecnologiche sono state cause di crisi per l’occidente. Il Sud ne ha fatto le spese maggiori. Penso che sia necessaria una governance credibile e stabile, insieme con un piano di investimenti mirati, in assoluta trasparenza».

Come si racconta il Sud? Se lo chiede anche Paolo Mieli, che dice: «Se al potere politico spettano gli interventi, il mutamento di immagine di questa parte d’Italia è operazione culturale impegnativa, che deve coinvolgere anche noi. Sono anni che il Sud è fissato in uno stereotipo interpretativo e definitivo, nel cinema come nelle canzoni, come in tv, bloccato sulla criminalità. Nell’immaginario nazionale, potrebbe radicarsi la convinzione che anche quei 200mila della proposta De Luca sarebbero funzionali a Gomorra».

Operazione culturale oltre che questione da interventi economici. Lo conferma Alfano, che dice: «La narrazione in positivo aiuta il turismo. Su questo, anche i buoni risultati nel settore della sicurezza hanno spostato flussi turistici nel Mezzogiorno, con incrementi di presenze del 10 per cento. Credo in questo, come credo in un piano di investimenti che faccia ripartire le attività edilizie attraverso grosse infrastrutture, come ad esempio il ponte sullo stretto di Messina».

Molti ricordano - il presidente dello Svimez Adriano Giannola tra i primi - che quest’anno il pil meridionale è salito un po’ più di quello nazionale. Se l’Italia intera ha avuto un incremento del pil dello 0,9 per cento, al Sud l’incremento è stato dell’1 per cento. Merito soprattutto del settore agricoltura che, nelle regioni meridionali, è stato in ripresa. E l’ex ministro dei governi Berlusconi, Giulio Tremonti, indica proprio, come settori su cui indirizzare gli investimenti nel Sud con prospettive future, l’agricoltura e l’acqua. Poi spiega: «Esiste invece una grandissima dispersione nella ripartizione dei fondi europei, con particolarismi. Non dimentichiamo che quelli sono soldi italiani che, attraverso le tasse, noi versiamo all’Europa che poi li ridistribuisce anche a noi».

Di quei fondi, molta parte arriva nel Mezzogiorno. Da qui la necessità che siano ben utilizzati, con grandi progetti e un piano complessivo di sviluppo. Dice ancora Tremonti: «Dopo la Cassa per il Mezzogiorno, sono arrivate le Regioni con un meccanismo che assegna loro direttamente quei fondi saltando lo Stato centrale. Sono anche io per la semplificazione delle procedure. Sapete quanto è lungo il nostro nuovo codice sugli appalti? Ben due chilometri e 100 metri di carta. È un record».

Tremonti ricorda la sua vecchia proposta di Banca per il sud, per ridare al Mezzogiorno un istituto di credito territoriale. Poco prima, Adriano Giannola aveva citatol’acquisizione del Banco di Napoli da Istituti di credito del Nord, che aveva tolto al nel Mezzogiorno l’ultima banca meridionale. E aveva aggiunto: «Anche quella fu una storytelling, un racconto particolare sia sul fallimento della Banca, sia sulla vendita. Dopo il Banco di Napoli, arrivò la perdita dell’Italgrani, dell’Agenzia delle comunicazioni».

Ritorna la storytelling, la narrazione. Pure le vicende del Banco di Napoli, prima o poi, avrebbero bisogno di essere riscritte. Senza vittimismi, ma con ansia di verità. Anche perché le narrazioni appiattite alimentano alibi da predestinazioni antropologiche. E così è stato semplice, negli ultimi anni, far scomparire il Sud dalle agende dei governi.
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