«Italia sempre più vecchia e rassegnata al declino»

L'allarme del Censis: siamo un Paese di "sonnambuli", inerti davanti alle paure

Mattarella con De Rita
Mattarella con De Rita
di Marco Esposito
Sabato 2 Dicembre 2023, 08:57 - Ultimo agg. 3 Dicembre, 08:02
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Sonnambuli. E poi inerti, impauriti, ciechi dinanzi ai presagi, italiani che «camminano raso muro». Non sa più che parole usare, il Censis - il prestigioso istituto di ricerca sociologica fondato nel 1964 da Giuseppe De Rita - per scuotere il Paese e far aprire gli occhi sul disastro demografico, il primo dei problemi del Paese perché a causa della denatalità (il baby crash) e dell'invecchiamento salterà tutto il resto: il mondo produttivo, il sistema previdenziale, la rete sanitaria. E invece nel Rapporto 2023 si legge che «l'anno che va terminando ha visto nel dibattito collettivo molte - troppe - giornate di sostanziale bonaccia, di calma piatta».

Di fronte a fenomeni largamente previsti come lo spopolamento e l'invecchiamento della popolazione si assiste a una «colpevole irresolutezza», a una «deresponsabilizzazione collettiva». È come se ci si fosse rassegnati alla considerazione che «l'Italia è un paese in declino», frase che trova l'accordo soprattutto i giovani (84 su 100) mentre gli over 65 conservano un po' di orgoglio perché l'affermazione è sottoscritta "solo" da 68 su 100.
Il Censis rivede le previsioni demografiche dell'Istat, considerate non sufficientemente pessimiste, e dipinge scenari nei quali il saldo naturale al 2050 (cioè la differenza tra nati e morti) sarà negativo per 564-610mila persone contro il meno 440mila dell'Istat con oltre tre morti per ogni neonato (oggi 1,8) e ci saranno meno di 300mila culle.

La popolazione quindi diminuirà, nel 2040 solo una famiglia su quattro sarà la classica coppia con almeno un figlio (oggi una su tre). Pochi giovani vuol dire pochi potenziali lavoratori con «una seria minaccia per il sistema produttivo». E tanti anziani significa una elevata spesa sanitaria, che dovrebbe salire dai 131 miliardi attuali ai 177 del 2050. E sarebbe a rischio l'equilibrio previdenziale.
Gli italiani, per quanto dipinti dal Censis come sonnambuli, d'improvviso si lasciano travolgere da paure amplificate, che turbano soprattutto i giovani. Oltre otto su dieci si aspettano un clima incontrollabile, impazzito; sette su dieci paventano l'arrivo di milioni di persone in fuga da catastrofi ambientali; ancora sette su dieci pensano che non ci saranno lavoratori sufficienti per pagare le pensioni; cinque su dieci si sentono indifesi di fronte a «un attacco militare di un Paese nemico». C'è poi un ripensamento valoriale sul lavoro con quasi nove giovani su dieci secondo cui «fare del lavoro il centro della propria vita è un errore». Però, a sorpresa, proprio la crisi demografica è sottovalutata. Il Censis cita una indagine di Eurobarometro: solo 3 italiani su dieci considerano un problema il declino della fecondità.

Eppure gli effetti della denatalità non sono di là da venire.

Sei delle dieci grandi città hanno visto una riduzione della popolazione attiva (15-64 anni) nel corso degli ultimi vent'anni e il calo più forte (-8,1%) vede alla pari Napoli e Genova, a fronte del +7,7% di Milano e +8% di Roma, città attrattive.

In un Paese con pochi giovani ci si aspetterebbe attenzione, invece la società «non li vede, non li rappresenta e quasi li respinge» mentre loro per reazione non votano e non partecipano alla vita politica. Sei su dieci nella fascia di età 18-34 anni dichiara che andrebbe via dall'Italia se ne avesse la possibilità. La loro non partecipazione è visibile in un dato: sui 7.786 sindaci appena 860 ha meno di 40 anni. Del resto anche sulla formazione non si investe molto, almeno a giudicare dagli stipendi dei docenti che sono sotto la retribuzione media degli occupati. Un insegnante delle elementari si ferma al 65% dello stipendio tipo e un prof delle superiore al 74%. Indici che ci rendono penultimi nella Ue. Per un confronto: in Germania i livelli sono 97% e 112%.

Qualche dato favorevole, a spulciare nelle 437 pagine del Rapporto, c'è. I flussi turistici di stranieri sono in aumento e confermano il fascino delle meraviglie italiane. La forza dell'export resta solida con la Campania che nel primo semestre 2023 spicca con un secondo posto come incremento verso una singola destinazione, la Svizzera, dopo le Marche in direzione Cina e prima della Liguria in direzione Stati Uniti. E la regione conquista il primo e il quarto posto per incremento di export per singolo settore produttivo con il più 141% per gli autoveicoli e il più 97% per il farmaceutico. Dal punto di vista dei diritti, il 74% degli italiani si dice favorevole all'eutanasia. Lo studio evidenzia, infine, che il 72% è favorevole all'introduzione dello ius soli e il 76% dice sì allo ius culturae, ovvero la cittadinanza per gli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato un percorso formativo nel nostro Paese.
 

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