M5S fa rotta su Montecitorio: in cantiere un Def Cinquestelle

M5S fa rotta su Montecitorio: in cantiere un Def Cinquestelle
di Stefania Piras
Venerdì 16 Marzo 2018, 11:21
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Dimenticatevi i toni, le facce, gli atti da opposizione. Il M5S, Luigi Di Maio, si abbottona l'abito istituzionale che ha tenuto nell'armadio in naftalina per cinque lunghi anni. Faranno valere il loro 32%, e il 36% di seggi conquistati alla Camera (227), con convinzione e parola chiave «responsabilità». Primo obiettivo a breve termine: strappare la presidenza di Montecitorio. Secondo a lungo termine: impostare una politica economica riformista, correggendo con ambizione, dove si può e quindi senza fare deficit, le eredità del Pd di governo.

Da opposizione, e dal 25% nella scorsa legislatura ottennero cinque ruoli: la vicepresidenza (quel Luigi Di Maio oggi aspirante premier), due segretari, tra cui Riccardo Fraccaro che ora corre per la poltrona che è stata di Laura Boldrini, un questore e un segretario d'aula al Senato. Breve inciso: all'epoca il M5S non partecipò nemmeno alle consultazioni considerate una odiosa pratica spartitoria. Ora i pentastellati sono cambiati. Niente più streaming, ma video con resoconti ex post.
 
Alla cabina di regia ci sono i capigruppo in pectore Danilo Toninelli e Giulia Grillo. A fine giornata, ieri, erano particolarmente soddisfatti per due motivi: hanno imposto il loro metodo di loden vestito, poi si sono rimessi l'elmetto cominciando lentamente a picconare il centrodestra. «A differenza di quanto avvenuto negli ultimi vent'anni, in cui le maggioranze parlamentari eleggevano quali Presidenti delle Camere esponenti delle forze che nelle loro intenzioni successivamente avrebbero fatto parte del governo, il nostro obiettivo è la garanzia dell'istituzione parlamentare, cosa che per noi si attua separando l'elezione dei Presidenti dalla formazione del Governo», ha sottolineato Danilo Toninelli che ha in programma altri incontri la prossima settimana. Il primo colloquio c'è stato con Giancarlo Giorgetti della Lega, poi Pietro Grasso per Leu, Maurizio Martina e Lorenzo Guerini per il Pd e Renato Brunetta per FI. Al telefono è stata raggiunta la leader di Fdi Giorgia Meloni. E qui il M5S ha fatto notare con un sorriso largo: «A destra sono finite le scorte di mastice che li univa, sempre che ci sia stato». Ufficialmente invece dicono, ma sempre con ampi sorrisi: «Il centrodestra si è presentato in ordine sparso e non con un unico interlocutore».

Potere del 32%, si dirà. Ma quel terzo e passa di voti ha cambiato i connotati dell'approccio politico. Si studia di più, si baccaglia meno. E i segnali arriveranno in un suo Def che il M5S sta scrivendo «con pazienza e responsabilità». «È un tema per noi ultra delicato», dice la vicecapogruppo Laura Castelli che sta lavorando al dossier da settimane con due obiettivi: bloccare gli aumenti dell'Iva e pentastellizzare la cornice disegnata da Padoan. Che non vuol dire iniettare il reddito di cittadinanza nel Def, ma fargli fare capolino sì e cesellarlo all'interno del quadro esistente pure. «Ce lo hanno copiato in malo modo», ha ammesso Luigi Di Maio l'altro giorno parlando del Reddito di inclusione. Cosa succederà? A quanto si apprende un segnale ci sarà. «Ci farà comodo mantenere le coperture del Rei», confidano i Cinque Stelle che starebbero eliminando tutte le clausole assistenzialiste nel progetto originario del Reddito di cittadinanza. Perché? Per dare un altro, nuovo segnale iper distensivo ai dem.
 
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