Meloni spinge sul Pnrr: «Lavoro di squadra per accelerare ancora». E sul terzo mandato: «Non era nel programma»

La ricetta sull’Ilva: «Non voglio statalizzarla, ci sono diversi imprenditori disponibili»

Meloni spinge sul Pnrr: «Lavoro di squadra per accelerare ancora». E sul terzo mandato: «Non era nel programma»
Meloni spinge sul Pnrr: «Lavoro di squadra per accelerare ancora». E sul terzo mandato: «Non era nel programma»
di Andrea Bulleri
Venerdì 23 Febbraio 2024, 00:03 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 16:47
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Rifila un gancio allo “sceriffo” della Campania Vincenzo De Luca che l’aveva insultata, colpevole di spendere i fondi europei di coesione «per la festa dello scazzatiello e del caciocavallo podolico». Ridimensiona il tira e molla con Matteo Salvini sul terzo mandato per i governatori, tema che «non era nel programma di governo». E, soprattutto, sprona tutti a una «accelerazione» sul Pnrr. Sa che deve correre, Giorgia Meloni. Sulla partita delle riforme come sulla sfida del Piano di ripresa e resilienza. 

Finora, è convinta la premier, nonostante il «pessimismo dilagante» l’Italia ha centrato gli obiettivi: «Dicevano che avremmo perso i soldi», ricorda la premier ospite del salotto tv di Bruno Vespa. «Ma nel 2023 abbiamo ottenuto la terza e quarta rata, siamo stati la prima nazione a presentare gli obiettivi della quinta, e abbiamo rinegoziato il Piano liberando 21 miliardi».

Ora, però, bisogna arrivare a dama. Mettendo a frutto gli investimenti previsti e facendo partire i cantieri che restano. 

L’AVVERTIMENTO
«Il lavoro non è finito, abbiamo ancora molto da fare», recita l’avvertimento di Meloni, messo nero su bianco nella premessa alla quarta relazione sul Recovery italiano che il governo ha presentato ieri. «L’attuazione del Pnrr – si legge – ci porterà nel 2024 a misurarci con il conseguimento dei 39 obiettivi e traguardi associati alla sesta rata per 9,6 miliardi di euro, e dei 74 obiettivi e traguardi connessi alla settima rata, pari a 19,6 miliardi. Sapremo farlo al meglio – esorta l’inquilina di Palazzo Chigi – solo se continueremo a interpretare questo impegno come un lavoro di squadra». E soprattutto, sottolinea, «determinando un’accelerazione decisiva per l’incremento della spesa delle risorse stanziate e per la rapida implementazione delle nuove misure inserite nel Piano». Lo sguardo è ottimista: «I tanti obiettivi centrati finora ci rendono fieri e ci incoraggiano a dare sempre di più». Anche i dati sulla spesa «sono molto buoni», aggiunge poi dallo studio di Cinque Minuti su Rai1 (e poi a Porta a Porta): «Siamo a circa 45 miliardi già spesi di cui 21 nel 2023». 

L’altra partita chiave su cui il governo si gioca buona parte delle proprie fiches, oltre alla sfida dell’immigrazione («svuotiamo il mare con un cucchiaino», osserva, ma «lo dico in punta di piedi, gli sbarchi sono diminuiti del 50% all’inizio di quest’anno» e «l’Italia ora è considerata un punto di riferimento in Europa»), è il premierato. Per «dire basta ai ribaltoni e agli inciuci di palazzo» e garantire stabilità agli esecutivi. E in questo modo, ripete Meloni, dare a chi governa un orizzonte più lungo, e così attrarre investimenti. «Diranno che è un referendum sul governo o su di me, ma è un voto su ciò che succede dopo: un’occasione storica per l’Italia. Questa riforma avrei potuto non farla, ma se non ci assumiamo noi questa responsabilità non lo farà nessuno». I paletti sono due: «Elezione diretta e governo in carica per cinque anni». Sul resto, tocca al Parlamento: dalla soglia di governabilità – che «verrà stabilita dalla legge elettorale» – al tetto dei due mandati per il premier. 

Limite su cui Meloni (che sull’argomento si era detta inizialmente «laica») si pronuncia «abbastanza favorevole»: «I comuni lo hanno già, la cosa più sensata è trovare una regola che valga per tutti. Per questo eviterei il terzo mandato dei governatori». Eccolo, il tema caldo della giornata. Un fronte che Meloni subito smina: «Era un’iniziativa parlamentare», se ne è discusso «in massima serenità ma «non è una materia che crea problemi al governo o alla maggioranza». Né tensioni con Salvini: «Leggo le ricostruzioni e mi diverto molto, di solito le commento sorridendo con un messaggio a quelli con cui mi starei insultando...». 
Rispetto agli altri insulti invece, quelli di De Luca, Meloni si dice «molto colpita» dal silenzio della segretaria Pd Elly Schlein: «Non venga più a farci la morale». Poi, sul patto di Stabilità, si scalda contro Giuseppe Conte: «Temo non sappia di che parla». E se i numeri dell’occupazione («record storico») incoraggiano, sull’Ilva di Taranto la premier difende la scelta del commissariamento. L’azienda, dice, «è tutt’altro che spacciata». E «io non voglio statalizzarla: ci sono margini per trovare investitori privati che abbiano davvero interesse a farla camminare. Diversi si sono fatti avanti», rivela. Il modello è quello del Monte dei Paschi: «L’abbiamo risanato, la banca ha ricominciato a fare utili, lo Stato ha venduto una parte delle sue quote e i cittadini hanno visto rientrare i soldi». 

Si chiude sulla politica estera. Da Gaza, dove «pur comprendendo le difficoltà di una situazione molto complessa, bisogna far capire che questa escalation non aiuta nemmeno Israele». Fino all’imminente (e non confermato) viaggio a Kiev per un vertice del G7: «Si vedrà». Ma l’Occidente, è l’appello, «non deve dare segnali di stanchezza: altrimenti avremmo un’Ucraina invasa». Poi la chiosa con la satira di Osho, che la ritrae insieme a Salvini: «Non vedo l’ora che comincino i lavori del Ponte – recita la vignetta della premier in romanesco – Così per un po’ nun te sento... (risate)». 
 

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