Viktor Orban nei Conservatori europei. Una strada segnata? Lui, il premier magiaro, è convinto che i giochi siano fatti. “Siamo pronti, a questo punto lo faremo dopo il voto di giugno”, ha detto a Bruxelles a margine del Consiglio europeo. Ma Giorgia Meloni, che dei conservatori è la presidente, si è mostrata più cauta: “E' un dibattito aperto”.
Le possibilità
Numeri alla mano, quando le urne di giugno si saranno chiuse, l'ingresso del partito di Orban Fidesz nella famiglia di Ecr (Conservatori e riformisti) può fare la differenza: se i sondaggi non mentono potrebbe eleggere fino a 12 eurodeputati. E il loro eventuale ingresso in Ecr metterebbe il gruppo nelle condizioni di sfilare il terzo posto alla famiglia di Identità e Democrazia (98) dove milita la Lega di Matteo Salvini.
Il gruppo di Matteo Salvini
Il tesoretto di Orbàn, insomma, fa gola a tanti. Tra questi Salvini che, sia pure mai ufficialmente, ha già detto di voler aprire le porte del gruppo sovranista di ID al leader ungherese. Operazione non facile però, perché salvo colpi di scena difficilmente gli alleati del Carroccio saranno decisivi nell'elezione della prossima Commissione europea. Diverso il caso di Ecr. E non solo perché ad oggi i conservatori sono il quinto gruppo più numeroso nell’emiciclo di Strasburgo (67 eurodeputati) e, secondo le ultime proiezioni potrebbero giocarsi il quarto posto con i liberali di Renew Europe (tra gli 85 e 86 membri) nella prossima legislatura. C'è di più. Orban sa bene che i voti di Meloni e dei Conservatori avranno un peso diverso dopo il 9 giugno. E potrebbero perfino rivelarsi ago della bilancia nella formazione del prossimo esecutivo Ue se come sembra non dovesse bastare lo storico asse Ppe-Socialisti.
C'è ancora tempo per soppesare pro e contro e anche per questo Meloni non si sbilancia ancora. Da un lato il caso Salis, almeno finché avrà su di sé accesi i riflettori dei media internazionali, suggerisce prudenza alla timoniera di Palazzo Chigi. Il processo riprenderà a maggio e bisogna capire in che direzione andrà la mediazione diplomatica tra Roma e Budapest e quali potranno essere le conseguenze, se ci saranno.
Certo, non si tratta di una strada proprio tutta in discesa, tra dubbi e non meglio non affrettare troppo i tempi e vedere cosa uscirà fuori dalla urne di giugno.