Corsa al Colle, Dini: «Berlusconi? Complicato, il centrodestra non regge»

Corsa al Colle, Dini: «Berlusconi? Complicato, il centrodestra non regge»
di Generoso Picone
Venerdì 19 Novembre 2021, 10:00
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C'è un principio di fondo che, secondo Lamberto Dini, dovrebbe guidare l'azione delle forze politiche nella partita ormai avviata per il Quirinale. «È quello di garantire la continuità del processo di ripresa economica che è stato avviato, di muoversi confermando e irrobustendo la fiducia in sé che l'Italia sta mostrando di avere, di affrontare con decisione e prontezza le scadenze progetti e degli investimenti previsti dal Recovery Plan. Questo significa muoversi nell'assoluto interesse del Paese», dice l'ex premier, già ministro del Tesoro con Silvio Berlusconi e degli Esteri con Romano Prodi, Massimo D'Alema e Giuliano Amato, una consolidata esperienza alla direzione di Bankitalia.

Dini, in questa fase e nei termini da lei declinati l'affermazione del principio dell'interesse nazionale delinea anche i contorni di uno schema di comportamento. Andando più in fondo si riuscirebbe a individuare pure qualche nome?
«Eviterei di azzardare previsioni.

In un momento del genere vale la regola del conclave, cioè che chi entra Papa finisce per uscire Cardinale. Siamo ancora allo stadio di aspirazione, non di candidatura al Quirinale. È presto: si arriva a decidere i presidenti nelle battaglie parlamentari, che sono sempre aspre e dure. Ricordo quando venne eletto Oscar Luigi Scalfaro, il 28 maggio 1992, dopo lo scontro tra Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani. Fu il risultato di una mediazione. Non si trattò, insomma, della prima scelta».

Oggi la prima scelta chi sarebbe?
«Mario Draghi, senza ombra di dubbio. Lo conosco molto e molto bene, abbiamo lavorato insieme al Tesoro, siano stati legati in tante vicende. Tra i tanti che possono aspirare a diventare presidente della Repubblica è certamente il più quotato, quello che sulla carta può avere la maggiore quantità di voti. Alla guida del governo sta svolgendo un lavoro eccezionale e, in un quadro che vede i partiti rinchiudersi nel proprio interesse particolare, è l'unico a dimostrare di possedere una visione complessiva del futuro dell'Italia. Se oggi possiamo contare su 200 miliardi di fondi europei per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, se ci stiamo avviando verso un programma di sviluppo sostenibile, se l'economia dà segnali positivi e gli italiani hanno recuperato la speranza, il merito è suo. Se lui accettasse, i giochi sarebbero chiusi».

Ma si aprirebbe un vuoto a Palazzo Chigi. Si dovrebbe andare alle elezioni anticipate?
«Non necessariamente. Il ricorso alle urne è invocato dalle forze politiche che immaginano di trarne vantaggio sulla scorta di sondaggi favorevoli. Io però credo che sia prioritario condurre in porto la legislatura. L'opera che il governo sta svolgendo non può essere in nessun modo interrotta».

Appunto: Draghi ha fatto capire che intende proseguire nel suo impegno a Palazzo Chigi.
«È un tale onore diventare presidente della Repubblica che, davanti a un forte consenso, nessuno può defilarsi o rifiutare. Sono convinto che sia questo il sentimento di Mario Draghi».

Un forte consenso lo registra anche il presidente Sergio Mattarella. Premerebbe per una sua conferma? Sarebbe nel segno della continuità piena.
«Lo penso anch'io. Ma Mattarella ha manifestato le ragioni dell'inopportunità, ribadendo le tesi di Antonio Segni e Giovanni Leone. Occorre, dunque, andare oltre».

L'elezione di Draghi al Quirinale ricorderebbe quella di Carlo Azeglio Ciampi il 18 maggio 1999.
«Ecco, vede: stesso profilo, uguale principio perseguito. Garantire l'equilibrio nell'interesse nazionale».

E al governo chi potrebbe sostituirlo?
«La scelta cadrebbe sempre in una cornice istituzionale, individuando figure che abbiano ricoperto incarichi di responsabilità. Ce ne sono nei diversi schieramenti. La condizione indispensabile sarebbe proseguire nel cammino avviato da Draghi».

Se Mario Draghi dovesse essere irremovibile?
«Gli aspiranti non mancherebbero. Per esempio, hanno svolto egregiamente ruoli istituzionali importanti Pierferdinando Casini, Paolo Gentiloni, Marcello Pera. Personalità che hanno acquisito rilevanti esperienze e che appartengono all'area moderata in grado di raccogliere in Parlamento consensi da parti politiche diverse».

Nella rosa di aspiranti lei non include il nome di Silvio Berlusconi.
«Berlusconi ha sofferto per gli attacchi della Magistratura italiana. Non sarà uno stinco di santo, ma ciò che ha subito va al di là di ogni ragionevolezza. Comprendo che la sua ambizione nasca anche da una sorta di volontà di compensazione. Ma dubito che in aula sul suo nome possa costituirsi una maggioranza: il centrosinistra non lo voterebbe e pure nel centrodestra vedo incrinature, come si evince dalle ultime dichiarazioni della leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. Non mi pare che in questo caso dall'aspirazione si possa riuscire a passare alla candidatura».
 

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