Recovery plan, Conte pronto al passo indietro tra cabina di regia e Servizi

Recovery plan, Conte pronto al passo indietro tra cabina di regia e Servizi
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 14 Dicembre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 16:17
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Alla fine il punto di caduta potrebbe essere una marcia indietro del premier. Ovvero archiviare i due progetti cari a Giuseppe Conte che hanno fatto andare in testa coda la sua maggioranza. Il primo: la mega-cabina di regia per la gestione dei 209 miliardi del Mes che esautorerebbe le funzioni del governo stesso. E il secondo: la nuova struttura sulla cybersicurezza che avrebbe portato il nostro sistema dell'intelligence sotto il controllo diretto, con una riforma mascherata, della presidenza del Consiglio. Sono i due punti che hanno innescato gli attacchi di Renzi e indispettito il Pd. Più che una verifica, quindi, nelle prossime ore servirà un chiarimento che passa, inesorabilmente, verso l'abbandono dei due progetti di Conte. E vedere se il fuoco delle polemiche si spegne. O altrimenti si procederà a stretto giro a un rimpasto di governo.

Di tre tipi: indolore, medio o di grande portata.

Sempre per evitare il voto che chiede il centrodestra ma che temono, soprattutto, Italia viva e grillini. 

È il prezzo meno pesante da pagare per tutti pur di chiudere la crisi ed evitare di andare, dritti dritti, verso le urne o un governo tecnico che il presidente Mattarella potrebbe imporre. E a farne le spese dovrebbero essere non più di un paio di ministri per dare così soddisfazione a chi chiede un cambio di marcia vigoroso e minaccia di ritirare i voti al governo. È il caso di Matteo Renzi ma anche di buona parte del Pd che usa il suo ex segretario come testa d'ariete senza esternare i propri malumori. E a lasciare l'esecutivo potrebbero essere due donne: il ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina e la collega degli interni Luciana Lamorgese. La prima paga anche la scarsa programmazione dell'era Covid sulle lezioni in presenza (dalla poca prevenzione delle lezioni in vista della seconda ondata sino al non sapersi imporre su molti governatori che hanno fatto di testa loro). La seconda, invece, sarebbe sacrificata per una semplice regola della realpolitik: da prefetto in quiescenza scelta direttamente da Conte non ha nessun partito di riferimento alle spalle che la difenderebbe. Al proprio posto, invece, rimarrebbero tutti gli altri membri dell'esecutivo mantenendo inalterati i rispettivi pesi specifici dei partiti.

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Pur di evitare una caduta del governo Conte II serve un'operazione più invasiva da condurre con la perizia di un chirurgo. Anzitutto due vice andrebbero ad affiancare il premier: uno per l'M5s, un altro per il Pd. Per i grillini è una casella che andrebbe riempita da Luigi De Maio in modo da tacitare anche i malumori interni e tagliare definitivamente fuori l'ala più guerrigliera del partito. Più complicato, invece, il discorso per i democrat. Perché sarebbe la poltrona naturale del segretario nazionale Pd Nicola Zingaretti che, però, è anche governatore del Lazio. E sarebbero due incarichi, visto il peso, poco conciliabili. Al suo posto, però, potrebbe andare Andrea Orlando, vice segretario nazionale democrat, che tornerebbe così al governo. Anche se qualcuno fa notare come in quest'ultimo caso potrebbe rischiare il ministro per il mezzogiorno Peppe Provenzano, proprio perché orlandiano. E ma con i due vice deve essere creato maggior spazio a Italia Viva con un dicastero di peso. L'idea è quella del ministero della Difesa, dicastero a cui ambisce Matteo Renzi tanto da volervi sedere in prima persona. Più complicato, invece, spostare l'attuale ministro Lorenzo Guerini perché, fanno notare, in questi mesi ha lavorato molto bene. Non solo è molto apprezzato dalle alte gerarchie militari ma anche dai suoi colleghi esteri e, in particolare, dagli Stati Uniti. Impossibile, quindi, farlo uscire dall'esecutivo o spostarlo su un ministero di poco peso: probabile, quindi, la poltrona del Viminale. In questo gioco di incastri rimangono però inalterate alcune caselle considerate nevralgiche per la gestione dell'emergenza Covid. A cominciare dal ministero della Salute retto da Speranza e da quello degli Affari esteri con Enzo Amendola che ha portato a casa la difficilissima trattativa del Recovery Fund. Discorso diverso, invece, per il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia che alcuni danno in uscita o verso altro ministero. Ma per ragioni diverse: ha fatto un ottimo lavoro ma proprio per questo si è fatto molti nemici tra i governatori che l'accusano di avergli fatto piovere i Dpcm sulla testa.

L'ultimo scenario, infine, è quello di un rimpasto di grande portata. Una sorta di sconvolgimento delle poltrone dell'esecutivo che passa, però, anche sulla testa del premier. Perché quest'ultimo caso prevede impossibile la nascita, anche se ci dovessero essere i numeri, di un Conte ter. Più probabile, in questo scenario considerato grave e solo un gradino sotto a nuove elezioni, la nascita di un governo tecnico con un nuovo premier.

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