L’Europa ha fissato l’asticella in alto. Molto in alto. Così per ridurre le emissioni delle auto, non basterà spingere sui veicoli elettrici e potenziare il trasporto pubblico. Sarà necessario fare in modo che le persone si spostino di meno. A sorpresa, nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima dell’Italia, il governo ha inserito anche una «forte» spinta allo smart working e all’accorciamento della settimana lavorativa. Il documento di ben 445 pagine, è stato appena inviato dal ministro per l’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, alla Commissione europea. Servirà un anno di negoziato prima di arrivare alla stesura definitiva. Ma le linee indicate dal governo sono chiare. Il problema principale da affrontare, come detto, sono gli obiettivi decisamente sfidanti di taglio delle emissioni e di risparmio energetico, che le direttive europee hanno fissato per i cosiddetti “settori non Ets”. Dentro questa definizione tecnica, sono racchiusi i destini di due comparti cruciali: quello dei trasporti e quello degli edifici. Gli obiettivi di decarbonizzazione dei “settori non Ets” sono stati fissati dall’Europa in un taglio delle emissioni del 43,7 per cento rispetto ai livelli del 2005. Un obiettivo, si diceva, troppo ambizioso.
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Al momento, lo scenario di riferimento italiano prevede che al 2030 questi settori riescano a risparmiare 98 milioni di tonnellate di Co2.
L’ALTRO CAPITOLO
La seconda questione riguarda il taglio delle emissioni degli edifici. Il Piano punta decisamente sull’elettrificazione delle abitazioni, con la sostituzione degli impianti alimentati a gas con le pompe di calore da abbinare a pannelli fotovoltaici. Il punto è che la ristrutturazione del parco immobiliare è difficile senza incentivi. Il superbonus del 110 per cento è stato archiviato perché stava affossando i conti dello Stato. Ma anche perché una parte non indifferente degli incentivi è stata usata per sostituire caldaie a gas con altre caldaie a gas. Una circostanza che non è sfuggita all’Europa che ha messo sotto la lente i 14 miliardi del Pnrr che sono andati a finanziare il Superbonus.
Ma, come si diceva, il Piano prende in considerazione la necessità che ci siano incentivi per l’efficientamento energetico degli edifici. Così il documento spiega che «sarà messa in atto una riforma degli incentivi fiscali che identifichi priorità di intervento (quali gli edifici meno performanti e le situazioni di povertà energetica) e differenzi il livello di assistenza in base all’efficacia in termini di miglioramento della prestazione energetica dell’edificio sia in termini di riduzione dei consumi che di incremento dell’utilizzo delle fonti rinnovabili». La misura insomma, diventerà più selettiva rispetto al passato. Non più soldi a pioggia, ma destinati a chi ne ha più bisogno e vive negli edifici meno efficienti.