Dal Dna-spazzatura una cura per il Parkinson: la scoperta del team Tigem-Telethon di Pozzuoli

Gruppo di ricerca del Tigem-Telethon di Pozzuoli
Gruppo di ricerca del Tigem-Telethon di Pozzuoli
di Nello Mazzone
Lunedì 13 Maggio 2019, 17:22 - Ultimo agg. 19:48
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Dalla ricerca scientifica «made in Italy» arriva un aiuto per difendere cervello e muscoli dall’aggressione del morbo di Parkinson e dalle conseguenze delle malattie neurodegenerative: nuovi farmaci per un nuovo approccio terapeutico sono stati scoperti da un team di giovani ricercatori del Tigem-Telethon di Pozzuoli. L’importante novità scientifica è stata pubblicata dai gruppi di ricerca guidati da Brunella Franco, professore ordinario di Genetica medica presso il dipartimento di Scienze mediche traslazionali della Federico II e da Sandro Banfi, professore associato di Genetica medica presso il dipartimento di Medicina di precisione dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli.

In sostanza, grazie all’utilizzo del «Dna-spazzatura» è stato possibile scoprire nuovi biomarcatori e nuove terapie mediche per combattere il Parkinson e proteggere i pazienti dalle neurodegenerazioni del mitocondrio, di cui sono affetti un neonato ogni 4500 nuovi nati.

«Ci aspettiamo di identificare anche farmaci che potrebbero espandere le opportunità terapeutiche per il morbo di Parkinson e fornire strumenti e informazioni traslazionali potenzialmente utilizzabili in clinica – spiegano Alessia Indrieri e Sabrina Carrella, prime autrici del lavoro - I risultati ottenuti attraverso questo progetto possono avere un impatto significativo sul trattamento delle malattie neurodegenerative più comuni, che rappresentano un onere importante per i sistemi sanitari a livello nazionale ed europeo».

Si tratta di malattie molto eterogenee sia dal punto di vista clinico che genetico, ma il lavoro dei ricercatori del Tigem potrebbe rappresentare una svolta in questo senso, come spiega Brunella Franco.

«Abbiamo dimostrato nel modello animale di due diverse malattie mitocondriali che si possono migliorare le manifestazioni cliniche delle patologie intervenendo non sul difetto genetico specifico, ma su delle piccole molecole di RNA – dice la Franco - Il grosso vantaggio è che questo meccanismo è indipendente dallo specifico difetto genetico primario e, dunque, ridurre l’attività di questi microRNA potrebbe quindi rivelarsi efficace in diverse malattie, non solo genetiche».
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