Manama (Bahrein) «Tacciano le armi; tacciano le armi; tacciano le armi». Ha ritmato la frase con forza, ripetendola in modo ossessivo per marcare i contorni drammatici di quello che accade in Ucraina, così come nello Yemen dove, dal 2015, infuria un devastante conflitto caduto nell'oblio internazionale nonostante i 250 mila morti sul terreno. Papa Francesco tocca il suolo del Bahrein su invito di re Khalifa per partecipare ad un summit sul dialogo inter-religioso, e davanti alle autorità, nel palazzo reale, tutto marmi, cristalli luccicanti e opulenti stucchi dorati, solleva subito la questione del conflitto yemenita ben consapevole che il Bahrein è uno degli alleati dell'Arabia Saudita nella sanguinosa campagna militare yemenita. «Meglio sarebbe investire i denari per le armi in cure sanitarie e istruzione».
Il conflitto a cui fa riferimento ha confini religiosi e vede su posizioni contrapposte sciiti e sunniti; l'Arabia capofila di una coalizione sunnita e l'Iran che sostiene militarmente gli yemeniti.
Per Francesco si tratta di una visita breve, di quattro giorni appena, ma molto importante per rafforzare i legami con i leader musulmani moderati, costuire ponti tra Oriente e Occidente e lanciare messaggi di pace alla regione. Il cardinale Ayuso è convinto che la visita apostolica in Bahrein avrà come effetto positivo, quasi collaterale, persino quello di rafforzare i Patti di Abramo con i quali nel 2020, sotto l'amministrazione Trump, venne avviato un percorso sorprendente volto alla normalizzazione dei rapporti con Israele. In Bahrein – dove ha sede una importante base navale americana - Papa Francesco ha poi messo in guardia dai populismi e dagli imperialismi che dilagano ad ogni latitudine. «Assistiamo con preoccupazione alla crescita, su larga scala (...) di rivalità e contrapposizioni che si speravano superate, a populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti". Infine non poteva mancare un cenno alla grande questione ambientale alla vigilia della Cop27 in Egitto. Il richiamo che viene fatto da Papa Francesco, prende spunto dalla sua enciclica green Laudato Sì: “Servono scelte concrete e lungimiranti prima che sia troppo tardi e si comprometta il futuro! Serve un passo in avanti in tal senso!».
L'Imam al Tayyeb, massima autorità teologica sunnita, nel suo discorso pubblico, si è detto disponibile a ospitare un incontro teologico con gli sciiti. Ha usato parole impegnative e importanti. «Serve concentrarsi sui punti in comune e sui punti di incontro, con una comprensione delle differenze. Scacciamo insieme ogni discorso di odio, provocazione e scomunica e mettiamo da parte il conflitto antico e moderno in tutte le sue forme e con tutte le sue propaggini negative. Rivolgo, con cuore amorevole per tutti, questo speciale appello ai nostri fratelli musulmani sciiti. Ribadisco che gli alti studiosi di Al Azhar e del Consiglio musulmano degli anziani e io siamo pronti a ospitare un incontro simile con cuore aperto e mani tese, in modo da poterci sedere insieme in un'unica tavola rotonda per mettere da parte le nostre differenze e rafforzare la nostra unità islamica su posizioni che sono notoriamente pragmatiche e servono gli obiettivi dell'Islam e della sua legge, che proibisce ai musulmani di cedere agli appelli alla divisione e alla frammentazione». Naturalmente il cammino per il dialogo è lungo e costellato da passaggi impervi, così come nelle retrovie le posizioni di Iran e Arabia Saudita sono all'opposto. Infine resta macroscopica la spaccatura secolare tra le due correnti musulmane. Tuttavia l'annuncio storico a cui ha assistito Francesco è pur sempre uno spiraglio in un mondo infiammato d'odio.