Covid, la storia di Massimiliano: «Io, fuorisede senza tampone e obbligato a scegliere un privato»

Covid, la storia di Massimiliano: «Io, fuorisede senza tampone e obbligato a scegliere un privato»
Covid, la storia di Massimiliano: «Io, fuorisede senza tampone e obbligato a scegliere un privato»
Mercoledì 14 Ottobre 2020, 12:05 - Ultimo agg. 16 Febbraio, 11:25
3 Minuti di Lettura

Per sapere se ha contratto il Covid, dovrà rivolgersi a uno studio privato e pagare e 60 euro. L'odissea di Massimiliano Stagno era cominciata lunedì scorso con una telefonata. Dall'altra parte della cornetta, l'istruttore della palestra di Roma dove quotidianamente si allena: «Un ragazzo è risultato positivo, per questione di privacy non possiamo dirti il nome, ma quel giorno (il 5 ottobre) anche tu eri qui».

Scattano l'allarme, l'autoisolamento e la necessità di fare il tampone quanto prima.

Il 26enne, residente in Sicilia, chiama la Asl di riferimento nella Capitale, chiede lumi sul protocollo da seguire e scopre suo malgrado di essere di fronte a una montagna piuttosto ardua da scalare: «Il centralino è stato efficiente - racconta Stagno - hanno risposto quasi subito. Mi sarei dovuto presentare al drive in con la ricetta dematerializzata del medico di base e, intanto, evitare qualsiasi contatto con l'esterno».

Roma, attivi i nuovi drive in: dove è possibile fare il tampone nella Capitale

Tutto chiaro, insomma: «In realtà non proprio - continua il 26 enne - perchè le strutture pubbliche della Regione accreditate per effettuare i test possono accettare esclusivamente ricette emesse nel Lazio ed io essendo al momento residente in Sicilia, ho lì il mio medico di base. In sostanza, se fossi andato, dopo ore di fila mi avrebbero certamente rimandato indietro».

Il giovane non si perde d'animo, chiede quali possano essere le soluzioni alternative ed è posto davanti ad un bivio: «Mi hanno consigliato di provare ad ottenere la ricetta in guardia medica o di andare in uno studio privato. Ho spiegato di essere completamente asintomatico e che il potenziale contagio risalirebbe alla settimana precedente. Intervallo di tempo in cui, ignaro, ho condotto una vita normale, sempre nel rispetto delle prescrizioni in vigore». Massimiliano così aspetta le 20, orario d'apertura delle guardie mediche, ma riceve l'ennesimo due di picche: «Niente da fare. Sostengono di ricevere centinaia di telefonate per lo stesso motivo, ma emettere ricette non rientrerebbe tra le loro competenze».

E via con la proposta indecente: «Magari qualche amico a Roma le fa cortesia». L'idea non lo sfiora nemmeno: «Ho atteso il giorno successivo ed ho prenotato il test rapido a pagamento in una clinica autorizzata nelle vicinanze. Mi hanno fissato un appuntamento per venerdì sera. Prima, data la mole di richieste, era impossibile. Mi costerà 60 euro, tuttavia, al netto della spesa, mi rimane una grande amarezza. Si parla di sanità pubblica, di rispetto degli altri in una situazione delicata, ma poi si ricade sempre negli stessi errori». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA